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Trapianto di microbiota influenza i processi di invecchiamento e neurogenesi

Nel trapianto di microbiota, le età di donatore e ricevente impattano diversamente sulla riuscita dell'intervento. Ecco cosa dice un recente studio.
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Trapianto di microbiota influenza i processi di invecchiamento e neurogenesi

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Stato dell'arte
Il microbiota intestinale cambia con gli anni. Quali siano effetti sulla fisiologia dell’ospite è però ancora poco chiaro.
Cosa aggiunge questa ricerca
Lo studio confronta in modelli murini germ-free sottoposti a trapianto di microbiota fecale da donatori giovani o anziani il profilo batterico e metagenomico, le caratteristiche neurologiche, la crescita e la salute intestinale.
Conclusioni
Modelli germ-free giovani riceventi da donatori anziani hanno mostrato un fenotipo tipico di esemplari più giovani con, per esempio, un incremento nella neurogenesi e crescita della superficie intestinale, suggerendo come anche in età avanzata una condizione di omeostasi batterica possa comunque contribuire a uno stato di salute.

In questo articolo

Il trapianto di microbiota da donatore sano, ma anziano, in un modello germ-free giovane sembrerebbe promuovere uno stato di salute, incrementando per esempio la neurogenesi ippocampale e la crescita della superficie intestinale, oltre che la funzionalità epatica. Il butirrato sembrerebbe essere un fattore chiave. Tale risposta non si riscontra tuttavia in riceventi anziani, suggerendo un possibile ruolo anche dell’età dell’ospite.

A dimostrarlo lo studio di Parag Kundu e colleghi della Nanyang Technological University di Singapore, di recente pubblicazione su Science Translational Medicine.

Con l’età il microbiota cambia sebbene, secondo quanto dimostrato da recenti studi, non necessariamente verso una condizione peggiore. Le dinamiche e la correlazione con l’intero processo di invecchiamento dell’ospite rimangono però ancora controverse. Per approfondire questo aspetto, i ricercatori hanno condotto per via orale un trapianto di microbiota intestinale e cutaneo su modelli murini germ-free partendo da donatori sani coetanei (5/6 settimane di vita) o anziani (circa 24 mesi d’età) al fine di valutarne l’impatto sulla salute del microbiota e del ricevente stesso a vari livelli (neurologico, metabolico ecc).

Di seguito i principali risultati.

Valutando le eventuali alterazioni del microbiota e della salute in generale in base all’età del donatore si è visto che:

  • campioni fecali di donatori giovani e anziani dimostrano nette differenze di composizione batterica con, per esempio, una ridotta espressione di Akkermansia e Alistipes in questi ultimi
  • sia nei donatori anziani sia nei loro riceventi è stata registrata una maggior espressione di fumarato reduttasi, un enzima richiesto per la respirazione anaerobica
  • introito di cibo, aumento ponderale e muscolare, livelli dei parametri ematici (trigliceridi, colesterolo, glucosio ecc.) e risultati di test comportamentali non hanno mostrato differenze significative tra i due gruppi di riceventi.

L’invecchiamento è di norma correlato a una progressiva riduzione della neurogenesi e all’aumento di stati infiammatori. Analizzando però l’ippocampo di riceventi germ-free giovani da donatori anziani, i ricercatori hanno osservato inaspettatamente un aumento di neuroni in questa regione. In particolare, rispetto ai riceventi da donatori coetanei, quelli con trapianto da modelli anziani hanno mostrato un aumento nell’espressione di:

  • doublecortina (DCX+), una proteina associata ai microtubuli espressa da precursori neuronali o neuroni immaturi (incremento di oltre 16 volte)
  • marcatori di cellule staminali, per esempio Sox9
  • fattore neurotrofico cerebrale (BDNF)
  • vari metaboliti quali taurina, glutammato, acido gamma-aminobutirrico (GABA).

Valori simili tra i due gruppi di riceventi sono invece emersi dal confronto dei livelli di microglia (cellule chiave per l’immunità cerebrale), citochine pro- e anti-infiammatorie (TNF-alpha, IL-6, IL-10 ecc.), recettore tirosin-chinasi B (recettore per BDNF) e marcatori di giunzione (occludina, claudina 1 ecc.) suggerendo l’integrità della barriera ematoencefalica.

Interessante inoltre notare come, a differenza dei riceventi, nei donatori anziani l’espressione di DCX sia risultata inferiore rispetto ai donatori più giovani. Il microbiota di donatori anziani sembrerebbe quindi sostenere lo stato di salute cerebrale, ma solo se trapiantato in riceventi giovani.

Spostandosi dall’area cerebrale a quella intestinale, data la comprovata esistenza dell’asse intestino-cervello, è stato osservato che i riceventi da donatori anziani avevano nel complesso un intestino più “lungo” e differenziato, probabilmente a causa di una riduzione di Akkermansia muciniphila, ceppo noto per regolare tali caratteristiche intestinali. In particolare i ricercatori hanno osservato:

  • villi più lunghi e larghi con, di conseguenza, un incremento della superficie di assorbimento
  • un aumento di cellule mucipare
  • una maggiore espressione dei PPAR (recettori attivati da proliferatori perossisomiali) coinvolti nel mantenimento dell’integrità della barriera intestinale, oltre che nel metabolismo lipidico e di specie reattive dell’ossigeno.

Inoltre sono stati registrati valori simili tra i due gruppi per quanto riguarda l’espressione di citochine pro- e anti-infiammatorie e di proteine di giunzione, oltre che per il grado di permeabilità intestinale.

L’attenzione dei ricercatori si è quindi focalizzata sugli effetti epatici del trapianto di microbiota, osservando un profilo metabolico distinto. Tra le maggiori alterazioni nei riceventi da anziani troviamo:

  • il glutatione, antiossidante per eccellenza, più elevato nonostante livelli simili di superossido dismutasi tra i due gruppi
  • un declino della biosintesi dei trigliceridi
  • una maggior espressione di UPR (unfolded protein response) coinvolta nello stress cellulare e correlata al reticolo endoplasmatico
  • l’attivazione di proteine e pathway coinvolti nel metabolismo energetico come AMP (adenosina 5’-monofosfato), sirtuina 1 (SIRT1) o nella beta-ossidazione e chetogenesi come acilcoenzima A deidrogenasi (ACAD1), carnitina palmitoiltrasnferasi 1 (CPT1) ecc.

Da un confronto del profilo metagenomico del microbioma è stato registrato nei riceventi da donatori anziani un generale arricchimento di ceppi producenti butirrato, Firmicutes e Lachnospiraceae inclusi. Inoltre, in questo gruppo è stato osservato un aumento di espressione anche del fattore di crescita dei fibroblasti FGF21 a livello epatico e ippocampale. La sua espressione sistemica ha tuttavia mostrato valori simili tra i riceventi da donatori giovani e anziani di controllo.

Considerando l’importanza per la salute dell’ospite degli acidi grassi a corta catena, per esempio il butirrato, è stato condotto un secondo trapianto di microbiota intestinale da donatori giovani o anziani in riceventi anziani al fine di valutare l’influenza dell’età. A differenza di quanto osservato nei riceventi giovani, in questo caso non è stato registrato alcun incremento di specie producenti butirrato. Sono stati inoltre registrati valori stabili indipendentemente dai donatori anche per quanto riguarda i marcatori di neurogenesi, staminalità, proliferazione delle cellule intestinali, infiammazione e metabolismo epatico.

Un aumento dei livelli di butirrato sembrerebbe quindi rappresentare un fattore chiave per i benefici del trapianto osservati su riceventi giovani. Tale ipotesi è stata validata somministrando per via orale a modelli giovani germ-free sodio butirrato o una soluzione salina usata come controllo per 8 settimane. Il gruppo in trattamento rispetto al controllo ha infatti presentato:

  • un significativo incremento di FGF21 epatico e sistemico
  • attivazione di AMP chinasi, SIRT1, BDNF e DCX ippocampali
  • aumento di proliferazione di cellule intestinali.

In conclusione, dunque, è stato dimostrato che il trapianto di microbiota da donatore anziano, ma sano, comporta una risposta positiva nel ricevente più giovane a livello intestinale, ma anche cerebrale. Fattore chiave sembrerebbe essere il butirrato, la cui espressione è tuttavia risultata correlata a cambiamenti batterici influenzati dall’età dell’ospite. Tali risultati dovranno essere confermati attraverso un’osservazione nel medio-lungo termine.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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