L’uso di dolcificanti quali stevia o aspartame, sebbene siano utili nel ridurre l’apporto calorico nell’immediato, comporta con il tempo un’alterazione del metabolismo dei carboidrati mediata dal microbiota intestinale. Non solo. Se assunti in gravidanza potrebbero aumentare le probabilità per i neonati di sviluppare un microbiota intestinale alterato e obesità.
Lo dimostra un nuovo studio di Wellan Wang e colleghi dell’University of Calgary (Canada), pubblicato su Frontiers in Nutrition.
Dolcificanti e microbiota intestinale
Sostituire il normale zucchero con dolcificanti a basso contenuto calorico, ma in grado di preservare la dolcezza, è una pratica ormai diffusa.
Gli effetti nel medio-lungo termine nell’uomo non sono ancora del tutto chiari benché, in vivo, sia stata dimostrata una profonda alterazione batterica, una modifica nell’omeostasi del glucosio e nei geni coinvolti nel meccanismo di “ricompensa”, con predisposizione al sovrappeso-obesità non soltanto nelle donne (se assunti in gravidanza), ma anche nei neonati facendo supporre un possibile impatto intergenerazionale.
Con lo scopo di approfondire queste dinamiche dal punto di vista metagenomico, i ricercatori hanno in questo studio analizzato le caratteristiche microbiche di roditori (ratti) a 3 e 18 settimane di vita correlandole con il consumo di aspartame o stevia della madre durante gravidanza e allattamento.
Dopo averne indotto l’obesità con dieta ad alto contenuto di grassi e zuccheri (HSF, 10 settimane), le madri sono state quindi suddivise in tre gruppi (n=15/gruppo): controlli (acqua); gruppo aspartame (5-7 mg/kg); gruppo stevia (2-3 mg/kg). Di seguito i principali risultati dal confronto della rispettiva prole a 3 e 18 settimane.
Analisi metagenomica e consumo di stevia e aspartame
Da una prima associazione madri-prole è emerso come il consumo di aspartame o stevia influisca sul microbiota intestinale (cieco) di questi ultimi, più che delle madri in sé.
In particolare è emerso che:
- rispetto ai controlli, già a 3 settimane i neonati hanno mostrato differenze notevoli per poi raggiungere una condizione simile alle madri verso l’età adulta (18 settimane)
- a 3 settimane sono state osservate anche differenze inter-prole, anche queste annullate alla diciottesima
- nessuna differenza genere dipendente né a 3 né a 18 settimane
Focalizzandosi quindi sulla terza settimana, la ricostruzione metagenomica di 36 campioni ciecali ha mostrato come:
- Firmicutes sia il phylum più espresso, seguito da Bacteroidetes, Proteobacteria, Actinobacteria e Verrucomicrobia
- dei 188 bins genomici individuati, 149 (79%) sono stati assegnati a livello di genere o specie. Di questi, 92 hanno mostrato un’abbondanza relativa significativamente alterata tra i gruppi.
Gli effetti sul metabolismo energetico
I ricercatori hanno poi voluto stimare il contributo del microbiota ciecale alla produzione energetica ricostruendo i pathway di degradazione del lattosio o di produzione di lattato, succinato, acetato, propionato e butirrato nella prole.
- GH2 β-galattosidasi intracellulari quali BbgI, LacM, LacZ o Lacdeb, espresse in Lachnospiraceae, Lactobacillaceae e Clostridiales sono risultati essere i principali enzimi metabolici per l’idrolisi del lattosio del latte. La loro abbondanza ha mostrato di ridursi notevolmente nei gruppi con dolcificanti vs controlli
- simile andamento per gli enzimi di conversione del piruvato in lattato soprattutto nel gruppo con aspartame rispetto agli altri due
- i ceppi commensali nei ratti sono generalmente in grado di produrre acetato. Variabilità nella tipologia dei ceppi in seguito al consumo di dolcificanti, non nella produzione totale di acetato
- ceppi di Firmicutes sono stati identificati come i maggior produttori di butirrato. Di questi, 15 dei 28 esprimenti butil:acetato CoA transferasi e 10 dei 19 con butirrato chinasi sono risultati significativamente arricchiti sia nel gruppo con aspartame e stevia o solo in quello con aspartame
- Akkermansia muciniphila e Bacteroidaceae non classificate hanno mostrato di essere i ceppi maggiormente coinvolti nella produzione di succinato, significativamente più elevata nel gruppo con aspartame
- dei 30 produttori di succinato e propionato, 9 genomi sono risultati arricchiti da entrambi i dolcificanti, 4 solo dall’aspartame
- il pathway del propanediolo è risultato meno espresso nel gruppo con stevia nonostante la sua produzione complessiva non ha mostrato differenze significative
- alterata abbondanza anche per la produzione di vitamina B12 nella prole dei gruppi con dolcificanti.
Così si altera il microbiota intestinale dei neonati
Genomi con la più alta abbondanza relativa e significative differenze tra i gruppi sono stati dunque selezionati per ulteriori correlazioni evidenziando come, nella prole:
- il genoma di Bacteroidaceae non classificate è risultato essere il più abbondante e arricchito in entrambi i gruppi con dolcificanti
- Akkermansia è risultato invece arricchito solo nel gruppo con aspartame. Di contro, ridotti sono risultati essere Limosilactobacillus reuteri e Ligilactobacillus murinus
- andamenti variabili tra i gruppi invece per Eubacterium spp., Blautia spp., e 175_Lachnospiraceae
- il consumo di aspartame e stevia da parte della madre ha incrementato l’aumento ponderale nella prole con diminuzione di densità ossea a 3 settimane
- il “consorzio” batterico associato alla produzione di propionato e butirrato (Akkermansia muciniphila, Bacteroidaceae non classificate, Lachnospiraceae non classificate e Eubacterium spp.) ha invece mostrato un arricchimento nella prole di gruppi con dolcificanti e correlazione positiva con l’aumento di peso corporeo e del fegato, negativa ancora una volta con la densità ossea
- di contro, i batteri coinvolti nella produzione di lattato dal lattosio (Limosilactobacillus reuteri, Ligilactobacillus murinus, Blautia spp., e Blautia spp. ecc) hanno mostrato una correlazione negativa con l’aumento ponderale e del fegato. Nessuna associazione invece con la densità ossea
Conclusioni
Stando ai risultati di questo studio, i dolcificanti potrebbero quindi avere un impatto anche sulla prole, con alterazioni del profilo batterico intestinale e predisponendo allo sviluppo di obesità. Ulteriori studi sull’uomo sono tuttavia necessari al fine di migliorare le linee guida alimentari in gravidanza.