Con l’arrivo dei primi freddi, l’influenza, soprattutto per qualcuno, è un appuntamento fisso. Nonostante sia solitamente tenuta sotto controllo, in alcuni casi l’influenza può evolvere e causare complicazioni gravi, tanto da rappresentare uno tra i principali fattori di morbilità e mortalità a livello mondiale.
Che cosa si può fare per prevenirla? Da tempo sono disponibili i vaccini, seppure con efficacia variabile e non così utilizzati nei Paesi poveri o in via di sviluppo.
Alla ricerca di altri approcci preventivi, il team di Kyu Han Lee, dell’University of Michigan, negli Stati Uniti, si è focalizzato sull’analisi del microbioma delle vie aeree superiori, naso e gola.
Lo studio, pubblicato su PLOS ONE, ha seguito per due anni 537 soggetti appartenenti a 144 famiglie del Nicaragua, e ha monitorato l’eventuale contagio virale e il conseguente sviluppo della malattia all’interno dei gruppi famigliari. Su queste basi i ricercatori hanno quindi confrontato periodicamente i microbiomi dei membri delle famiglie, individuando profili batterici distinti e mettendoli in relazione con il grado di suscettibilità. Oltre alla composizione e alle caratteristiche batteriche, sono stati considerati anche altri fattori secondari come l’età, l’abitudine al fumo, l’esposizione ad antibiotici ecc.
Caratteristiche principali del campione
Dei 537 soggetti inclusi nell’analisi:
- 61 erano bambini di età pari o inferiore ai 5 anni, 163 erano individui di età compresa tra 6 e 17 anni e 313 adulti
- 71 individui hanno contratto l’influenza, 14 dei quali anche più volte
- 27 persone hanno dichiarato di essere state vaccinate
- 245 individui avevano fumatori in casa
Profilo batterico nasofaringeo
Il sequenziamento genico dei campioni di microbioma nasofaringeo raccolti (n=712 al baseline, n=698 al termine dello studio) ha permesso di individuare 5 distinti profili o “community state type” (CST 1-5).
L’età ha dimostrato di influenzare notevolmente la loro distribuzione, anche all’interno di uno stesso nucleo familiare. Il CST 4 ha infatti mostrato maggiore diffusione tra gli adulti, ma è invece risultato più raro nei bambini piccoli (5% nella fascia 0-5 anni vs 20% negli adulti). Di contro, il CST 5, meno comune tra gli adulti, è ben rappresentato in tenera età (43% nella fascia 0-5 anni vs 8% negli adulti).
Profilo batterico e suscettibilità all’influenza
Per identificare l’eventuale relazione tra CST e suscettibilità all’influenza, sono stati considerati i secondi episodi di malattia dopo il contatto con familiari portatori del virus.
- sebbene non con differenze statisticamente significative (p=0.056), i soggetti con un profilo batterico CST 4 hanno circa la metà delle probabilità di contrarre l’influenza
- i bambini più piccoli sono a maggior rischio di influenza, seguiti dagli adolescenti. Più resistenti invece gli adulti
Le analisi non si sono però limitate ai CST. Esplorando i diversi microbiomi a livello di taxa e incrociando i dati per gli avvenuti contagi si è scoperto che:
- due oligotipi, Alloprevotella sp. e Prevotella histicola/ sp./ veroralis/ fusca/ scopos/ melaninogenica, sono risultati positivamente associati con l’infezione virale, mentre l’oligotipo Bacteroides vulgatus ha mostrato correlazione negativa. Tutti e tre gli oligotipi hanno tuttavia registrato, in generale, scarsa espressione
- l’abbondanza relativa di tutti gli oligotipi individuati è fortemente correlata all’età
- considerando i fattori confondenti minori, la numerosità familiare è risultata associata all’abbondanza relativa di quattro oligotipi, mentre nessuno ha correlato con la presenza di fumatori in casa
I ricercatori hanno dunque valutato la diversità e la stabilità batterica sempre in termini di suscettibilità all’influenza.
- CST 4 ha registrato un valore di biodiversità inferiore agli altri profili, 2, 3 e 5 in particolare
- nonostante le differenze di alpha diversity tra i gruppi, questo parametro non è apparso associato alla suscettibilità all’influenza
- mentre nel breve termine (9 giorni) la maggior parte dei profili è rimasta stabile, nel lungo periodo la transizione tra i CST è risultata più comune (45% tra i casi con secondo episodio di malattia, 55% per i non contagiati)
- il gruppo 6-17 anni ha registrato il minor grado di stabilità
- grado di stabilità del CST e suscettibilità all’influenza non hanno mostrato correlazione significativa
In conclusione, dunque, l’età sembra giocare un ruolo fondamentale nella probabilità o meno di contrarre l’influenza. Di contro, non sembrerebbe esserci un profilo batterico nettamente a favore o contro il contagio considerando soprattutto l’elevata variabilità nel tempo. Nonostante il microbioma nasofaringeo possa rappresentare un target sul quale puntare per prevenire la trasmissione del virus, sono necessari ulteriori studi al fine di determinarne al meglio le potenzialità e l’esatto ruolo in questo processo.
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