Alzheimer: scoperti metaboliti batterici intestinali che “accendono” la patologia amiloide

La modulazione del microbiota intestinale permetterebbe di prevenire o frenare la neurodegenerazione da beta-amiloide.
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Alzheimer: scoperti metaboliti batterici intestinali che “accendono” la patologia amiloide

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Stato dell’arte
L’associazione tra determinati ceppi batterici e Alzheimer è supportata dalla metagenomica. Le dinamiche funzionali che ne stanno alla base rimangono però da chiarire.

Cosa aggiunge questo studio
Scopo dello studio è stato quello di investigare le associazioni tra patologia amiloide, tipica della malattia di Alzheimer, metaboliti batterici quali lipopolisaccaridi e acidi grassi a corta catena, mediatori infiammatori e marcatori di disfunzione endoteliale.

Conclusioni
I lipopolisaccaridi prodotti dal microbiota sembrerebbero correlati con l’infiammazione sistemica e l’amiloidosi cerebrale suggerendo una correlazione fisiopatologica da monitorare nella degenerazione cognitiva.


Gli acidi grassi a catena corta come acetato, valerato o butirrato, e i lipopolisaccaridi prodotti da determinati ceppi batterici sembrerebbero funzionare da mediatori tra disbiosi intestinale e patologia amiloide tipica della condizione di Alzheimer.

Lo dimostra uno studio di Moira Marizzoni, Annamaria Cattaneo e colleghi dell’Istituto Fatebenefratelli di Brescia, recentemente pubblicato su Journal of Alzheimer’s Disease.

L’Alzheimer inizia nell’intestino?

Tra i segni clinici tipici dell’Alzheimer c’è la deposizione extra-neuronale di β-amiloide associata a uno stato pro-infiammatorio generalizzato e a una attivazione immunitaria.

La proteina β-amiloide ha inoltre dimostrato attività antimicrobica suggerendo un interessamento batterico. Il microbiota intestinale ha infatti ampiamente dimostrato un coinvolgimento anche nello sviluppo e nel decorso della malattia di Alzheimer. Come questo avvenga esattamente rimane però da chiarire.

In questo studio è stato quindi verificato se mediatori infiammatori e metaboliti batterici, lipopolisaccaridi (LPS) in particolare, siano in qualche modo correlati e/o potenziali induttori della patologia amiloide attraverso disfunzione endoteliale.

Per farlo, i ricercatori hanno monitorato i livelli cerebrali ed ematici di LPS, acidi grassi a catena corta (SCFAs), citochine e marcatori di disfunzione endoteliale, in una coorte di soggetti anziani affetti da disfunzioni cognitive a vari livelli. Ecco cosa ne è emerso.

Lipopolisaccaridi e acidi grassi a catena corta

Indipendentemente dalla componente batterica, fattori dell’ospite quali età e performance cognitive sono risultati associati a diversi dei mediatori considerati. In particolare:

  • l’età è risultata associata a citochine pro-infiammatorie quali IL-6 e TNFα oltre che alle molecole di adesione VCAM-1, CD44 e ICAM
  • l’indice cognitivo (scale MMSE e ADAS) ha mostrato correlazione con valerato, IL-1β, CXCL-2 e IL-10 oltre che a svariate molecole di adesione cellulare e marcatori di amiloidosi

Passando poi a valutare l’eventuale legame tra amiloide cerebrale e i metaboliti batterici circolanti (LPS e SCFAs) si è visto che:

  • maggiori valori di LPS sono stati registrati in pazienti con la più elevata deposizione di amiloide soprattutto nella zona frontale, posteriore, anteriore cingolata e precuneo
  • tra i SCFAs, positiva correlazione tra deposizione e amiloide con acetato e valerato, negativa con butirrato
  • di contro, il propionato non ha registrato alcuna associazione con i livelli di amiloide

Concentrandosi poi sulla carica amiloide con i mediatori infiammatori circolanti e la disfunzione endoteliale è emerso che:

  • elevata espressione di IL-1β, NLRP-3, IL-6 e CXCL-2 sono risultate associate a una maggior deposizione di amiloide sia globale sia regionale. L’associazione più forte si è però registrata a livello della corteccia posteriore cingolata, la più debole in quella parietale
  • tra le citochine antinfiammatorie, IL-10 e IL-4 hanno mostrato associazione con ridotta deposizione amiloide in tutte le regioni
  • alti livelli di LPS, acetato e valerato sono risultati associati a una maggiore espressione di almeno una delle citochine pro-infiammatorie IL-1β, NLRP-3, IL-8 e CXCL-2. Viceversa, alti livelli di acetato sono debolmente correlati con bassi livelli di IL-10. Associazione più forte invece tra elevato butirrato e bassi livelli delle pro-infiammatorie NLPR-3 e IL-6 e delle antinfiammatorie IL-4 e TNFα
  • acetato e valerato hanno anche dimostrato una buona correlazione con il danno endoteliale. Di contro, il butirrato ha mostrato un coinvolgimento nel mantenerne l’integrità come suggerisce la correlazione con NCAM, P-selectina e PSGL-1
  • in generale, alti livelli di molecole di adesione sono risultate associate a un pari alto livello di citochine pro-infiammatorie e ridotto di quelle antinfiammatorie
  • CD-44, NCAM, ICAM-2, P-Selectin, E-Selectin, PECAM-1, PSGL-1, ICAM-1, e ICAM-3 sono inoltre risultate correlate con deposito amiloidale in tutte le regioni corticali

Conclusioni

Si può dunque concludere come il microbioma intestinale e i relativi metaboliti, ossia LPS e determinati SCFAs, siano dunque correlati allo sviluppo e decorso di patologia amiloide sopportandone un ruolo come biomarcatori fisiopatologici.

In particolare, la riduzione di butirrato assieme all’incremento di acetato, valerato e LPS, sembrerebbero associati a una compromissione dell’integrità endoteliale cerebrale e, di conseguenza, all’innesco di infiammazione.

La modulazione della componente batterica permetterebbe dunque di intervenire di riflesso sulla concentrazione di questi suoi metaboliti prevenendo o frenando la neurodegenerazione da beta-amiloide.

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