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Ansia e stress: le fibre alimentari potrebbero ridurne gli effetti sull’intestino

Gli acidi grassi a catena corta sembrano in grado di alleviare gli effetti dello stress prolungato sull’intestino, migliorandone anche l’integrità.
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Ansia e stress: le fibre alimentari potrebbero ridurne gli effetti sull’intestino

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Stato dell'arte
È dimostrato che gli acidi grassi a catena corta (SCFAs), prodotti da batteri intestinali sono implicati nella funzionalità gastrointestinale, nella regolazione immunitaria e nel metabolismo. Il loro ruolo nello stress e in stati di alterazione psicologica è ancora poco indagato.
Cosa aggiunge questa ricerca
La somministrazione di SCFAs in modelli murini allevia gli effetti indotti da stress prolungato sull’intestino migliorando anche l’integrità della barriera intestinale.
Conclusioni
Questo studio suggerisce il coinvolgimento dell’ambiente intestinale nell’omeostasi cerebrale e nella regolazione del comportamento ponendo le basi per lo sviluppo di terapie per disturbi indotti da stress basate sulla manipolazione mirata del microbiota.

In questo articolo

Lo stress non è un problema soltanto psicologico o neurologico. Secondo quanto emerso in uno studio pubblicato sul Journal of Physiology, la somministrazione di acidi grassi a catena corta in modelli murini sembra in grado di alleviare gli effetti indotti da stress prolungato sull’intestino migliorandone anche l’integrità della barriera.

L’autore dell’indagine, Marcel van Wouw, è un ricercatore in forza all’APC Microbiome Institute Ireland dell’University College Cork, in Irlanda.

Stress e intestino, una doppia comunicazione

Lo stress prolungato o cronico può essere oggigiorno considerato un vero e proprio problema di salute pubblica in quanto risulta spesso associato alla comparsa di patologie o disturbi neuropsichiatrici (ansia, depressione ecc.) e/o gastrointestinali (reflusso, gastriti, sindrome dell’intestino irritabile ecc.).

Diversi studi hanno indagato la comunicazione tra cervello e intestino andando a dimostrare, finora attraverso studi in vivo, come il microbiota intestinale sia alterato anche in condizioni di stress o di disturbi associati allo stress e di come si vada contestualmente a perdere in parte la funzionalità della via metabolica degli acidi grassi a catena corta, o SCFAs.

Gli SCFAs come acetato, propionato o butirrato, sono in larga parte prodotti in seguito alla fermentazione intestinale di alimenti ricchi di fibre e hanno da tempo dimostrato di apportare numerosi benefici all’ospite, sia a livello intestinale che sistemico raggiungendo perciò anche il cervello.

Basandosi su alcuni dati di letteratura, i ricercatori hanno quindi voluto ulteriormente verificare se il supplemento di SCFAs in modelli murini potesse migliorare i deficit comportamentali indotti da stress psicosociali andando a monitorare in particolare la capacità di socializzare, lo stato d’ansia, gli eventuali comportamenti simil-depressivi, la risposta allo stress e i parametri cognitivi.

Parallelamente è stato valutato anche il grado di espressione di geni associati a tali aspetti in specifiche aree cerebrali e il ruolo della permeabilità intestinale e della composizione batterica nel promuovere o meno questi cambiamenti.   

Lo studio dell’Università di Cork

I 40 modelli murini maschi C57BL/6J inclusi nello studio sono stati quindi suddivisi in 4 gruppi (n=10/gruppo): gruppo di controllo, gruppo trattato per una settimana con mix di SCFAs composto da sodio acetato, sodio propionato e sodio butirrato, gruppo di controllo sottoposto a stress psicosociali per tre settimane (controllo/stress), e infine gruppo trattato con la stessa formulazione e posologia di SCFAs, ma anch’esso sottoposto a stress per analogo periodo di tempo (SCFA/stress).

Al termine del periodo di studio sono stati condotti svariati test comportamentali confrontando i vari gruppi. Tra i test condotti troviamo ad esempio quello di interazione sociale con l’introduzione di altri modelli murini (CD1), di preferenza al glucosio, in campo aperto, di nuoto forzato ecc.

Una volta raccolti campioni ematici e fecali, gli animali sono stati sacrificati per permettere le analisi tissutali e la quantificazione dell’espressione genica.

I risultati ottenuti sono stati molti, di seguito i principali suddivisi in base al test condotto e ai parametri considerati.

Comportamento sociale

  • Il periodo di stress ha indotto un decremento nel grado di socializzazione indipendentemente dal supplemento di SFCAs
  • Tutti i gruppi hanno tuttavia mostrato notevole preferenza di interazione con il coinquilino CD1 rispetto all’oggetto

Ansia e comportamento simil-depressivo

  • Il supplemento di SCFAs ha incrementato il tempo trascorso al centro del campo aperto dimostrando di ridurre i livelli di ansia, effetto annullato dopo il periodo di stress prolungato. Nessun cambiamento comportamentale è stato invece osservato negli altri test analoghi condotti.
  • La valutazione dello stato simil-depressivo attraverso il test di sospensione per la coda non ha evidenziato alcuna differenza significativa nonostante il gruppo trattato con SCFAs abbia presentato un minore tempo di immobilità nel test del nuoto forzato.

Dipendenza e gratificazione

  • I modelli di controllo stressati hanno presentato aumentata preferenza per il glucosio, condizione non verificatasi in seguito a trattamento con SCFAs
  • Al test dell’olfatto i modelli trattati con SCFAs hanno invece trascorso più tempo a interagire con batuffoli di cotone contenenti urina di modelli femmine rispetto al gruppo stressato
  • Il trattamento con SCFAs incrementa a livello genico l’espressione dei recettori per dopamina D1a indipendentemente dalla situazione di stress
  • Nessuna alterazione è stata osservata relativamente all’espressione del fattore BDNF implicato nella segnalazione dopaminergica in situazione di stress
  • La combinazione di SCFAs e stress ha invece ridotto l’espressione di TrkB, recettore di BDNF

Risposta allo stress e reattività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene

  • Il supplemento di SCFAs ha ridotto l’innalzamento della temperatura corporea e gli effetti indotti da corticosterone dopo un stress acuto
  • Gli SCFAs riducono il rilascio degli ormoni corticotropi (Crhr1) e l’espressione dei recettori mineralcorticotropi
  • Nessuna differenza è invece emersa nel grado di espressione dei recettori glucocorticoidi a livello ippocampale

Permeabilità intestinale

  • FITC-destrano ha mostrato buona presenza nei topi stressati risultando pressoché assente in seguito a supplemento di SCFAs
  • I livelli di lipopolisaccaridi sono risultati complessivamente comparabili
  • Sebbene nei modelli stressati sia sorprendentemente risultata elevata l’espressione di claudina-1 (Cldn1) e della proteina di giunzione stretta-1 (Tjp1), la permeabilità intestinale complessiva è risultata compromessa, situazione migliorata invece dal supplemento di SCFAs
  • Nessuna differenza significativa è emersa nell’espressione di occludina-1 (Ocln) e mucina 2 (Muc 2)

Cambiamenti di peso corporeo

  • La condizione di stress ha prodotto un calo ponderale durante le prime due settimane, situazione invertita alla terza con consistente aumento di peso corporeo
  • Il trattamento con SCFAs non ha dimostrato di influire sul peso corporeo totale o su quello dei singoli organi

Composizione del microbiota intestinale

  • Il sequenziamento genico 16S rRNA non ha riscontrato sostanziali cambiamenti di diversità delle specie batteriche del cieco  
  • L’analisi PCoA non ha evidenziato una chiara separazione di microbiota tra i gruppi
  • Singolarmente, stress e SCFAs comportando dunque solo modifiche minori nella composizione batterica del cieco. Alterazioni maggiori sono invece state osservate in occasione della loro combinazione.

In conclusione dunque, il supplemento di SCFAs migliora complessivamente la salute intestinale in condizione di stress prolungato.

I meccanismi che ne stanno alla base rimangono tuttavia ancora da chiarire ma, stando a questi primi risultati, sembra promettente la possibilità di ridurre i disturbi correlati allo stress agendo anche sulla nostra alimentazione e, indirettamente, sul nostro microbiota.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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