Encefalomielite acuta: microbiota intestinale potrebbe prevenire i danni neurologici

Il microbiota intestinale difenderebbe il sistema nervoso centrale dalle infezioni virali. Ecco come, secondo uno studio pubblicato su eLife. 
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Encefalomielite acuta: microbiota intestinale potrebbe prevenire i danni neurologici

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Stato dell’arte
La componente batterica intestinale influenza, direttamente o indirettamente, lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Il suo contributo in situazioni di danno neurologico da virus rimane però ancora poco chiaro.

Cosa aggiunge questo studio
Lo studio valuta l’impatto, in particolare sul sistema immunitario, del microbiota intestinale nel combattere un’infezione virale del sistema nervoso centrale.

Conclusioni
Il microbiota intestinale è fondamentale per il controllo di un’infezione virale a livello del sistema nervoso centrale. In particolare, la produzione di ligandi di TLR4 prodotti dai batteri promuove l’attività delle microglia proteggendo l’ospite dai danni cerebrali indotti dall’infezione.


Il microbiota intestinale non partecipa solo allo sviluppo del sistema nervoso centrale, ma ha un ruolo anche nel difenderlo da infezioni virali sostenendo l’attività delle microglia attraverso l’attivazione della via MHCII e dei recettori TLR4.

È quanto conclude lo studio coordinato da D. Garrett Brown dell’University of Utah School of Medicine (USA), di recente pubblicazione su eLife.

Le infezioni virali a livello del sistema nervoso centrale causano molto spesso danni gravi e permanenti. Avere un sistema immunitario locale attivo è quindi fondamentale per arginarle e combattere prontamente il patogeno. Nonostante la loro collocazione anatomica, l’attività delle microglia, cellule immunitarie presenti nel sistema nervoso centrale, ha dimostrato di essere influenzata dal microbiota intestinale. Il ruolo di quest’ultimo in occasione di infezioni virali del sistema nervoso centrale rimane tuttavia da approfondire.

A tal proposito, i ricercatori americani hanno utilizzato modelli murini C57BL/6 SPF (specific pathogen free, ovvero “liberi” da specifici patogeni) o GF (germ-free, ovvero privi di qualunque microrganismo) infettati con il virus neurotropico dell’epatite (JHMV), con conseguente sviluppo di encefalomielite acuta, demielinizzazione progressiva e replicazione del virus a livello di astrociti, microglia e oligodendrociti. Di seguito i principali risultati ottenuti.

La presenza di una popolazione batterica intestinale ha dimostrato di proteggere dai danni indotti dal virus migliorando il decorso dell’infezione. Infatti:

  • in modelli SPF l’infezione ha dato i segnali clinici maggiori a 10-11 giorni con una regressione progressiva fino a una condizione stazionaria a 15-16 giorni
  • di contro, modelli GF hanno sviluppato una forma peggiore della malattia toccando l’apice il 13° giorno, condizione mantenuta stabile fino al giorno 21
  • diversamente dal gruppo SPF, nel gruppo GF a 21 giorni è stata registrata ancora la presenza del virus
  • il gruppo GF ha presentato danni neurologici maggiori rispetto a SPF, con  livelli di demielinizzazione più elevati
  • durante il picco dell’infezione, nei GF la conta di linfociti CD4+ e CD8+ (specifici e non) a livello centrale è risultata inferiore rispetto alla controparte, con conseguente incapacità di controllare la replicazione virale
  • sebbene l’infiltrazione di linfociti T regolatori (Treg) sia maggiore nel gruppo GF in fase infettiva acuta, con la forma cronica se ne registra un abbassamento considerevole
  • risultati simili al gruppo GF in termini clinici e istologici sono stati osservati nella progenie del gruppo SPF trattata con antibiotici fin dalla nascita per ridurne la componente batterica.

L’attività dei linfociti CD4+ e CD8+ si mantiene tuttavia paragonabile in entrambi i gruppi. Infatti, inoculando rispettivamente i linfociti prelevati da esemplari GF e SPF in altri modelli modificati in modo da non esprimere il gene della loro sintesi (Rag1-/-) e infettati con JHMV, è stato osservato un analogo andamento dell’infezione. Fattore discriminante il decorso dell’infezione, più che l’attività delle cellule immunitarie, sarebbe quindi la presenza di batteri intestinali.

Approfondendo ulteriormente il ruolo del microbiota, si è visto come sia implicato anche nell’incremento della presentazione antigenica a livello delle microglia attraverso la via MHCII (complesso maggiore di istocompatibilità II). Infatti, è emerso che:

  • a livello delle microglia, l’espressione di CIITA (fattore trascrizionale per MHCII) si è mostrata notevolmente ridotta nel gruppo GF e nella progenie di SPF trattata con antibiotici rispetto al gruppo SPF non trattato
  • a tre giorni dall’infezione, i marcatori di presentazione antigenica sono risultati ancora ridotti nel gruppo in trattamento antibiotico, suggerendo una debole capacità di attivare la risposta immunitaria, ipotesi confermata dalla conta dei linfociti CD8+.

Oltre al microbiota, anche la deplezione delle microglia, mediante la somministrazione di  un farmaco denominato PLX-3397, in topi GF e SPF ha dimostrato di aggravare i danni neurologici. È stato infatti osservato un pari aumento di mortalità legata al virus rispetto alle controparti con microglia fisiologiche; inoltre, sia la risposta immunitaria mediata da CD4+ e CD8+ sia quella mediata da IFN-gamma sono risultate notevolmente ridotte.

Per identificare quali sostanze prodotte dal microbiota fossero in grado di attivare direttamente le microglia, i ricercatori hanno testato la capacità di indurre l’espressione del complesso MHC da parte di alcuni acidi grassi a catena corta, di ligandi dei recettori Toll-like (TLR) e di specifiche citochine.

Dai risultati ottenuti è emerso che, in particolare, la somministrazione orale di ligandi di TLR (toll-like receptor) derivanti dal microbiota stesso è risultata sufficiente per preparare le microglia alla presentazione dell’antigene. In particolare, a differenza di TLR2, l’espressione di TLR4 si è dimostrata necessaria per la protezione neurologica dal virus. Rispetto a modelli non modificati o TLR2-/-, quelli TLR4-/- hanno infatti registrato un maggior peggioramento dell’infezione, con una demielinizzazione più avanzata e, di contro, una ridotta attivazione della via MHCII.

In conclusione, dunque, la presenza della componente batterica intestinale è risultata fondamentale per contrastare l’infezione virale. Inoltre, il microbiota ha dimostrato di regolare la funzionalità delle microglia attraverso la regolazione dei TLR4 espressi in loco. Nonostante rimanga ancora molto da esplorare riguardo i meccanismi di correlazione tra batteri intestinali e sistema nervoso centrale, questi risultati sottolineano ancora una volta l’importanza di un microbiota fisiologico per salvaguardare la salute dell’ospite, anche in presenza di infezioni virali del sistema nervoso centrale.

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