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BPCO: progressione di malattia correlata a disbiosi delle vie aeree

La disbiosi delle vie aeree sembra contribuire al declino della funzione polmonare nei pazienti con BPCO attraverso l'interazione metabolica con i processi fisiopatologici dell'ospite.
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BPCO: progressione di malattia correlata a disbiosi delle vie aeree

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Stato dell’arte
La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è caratterizzata da una progressiva diminuzione della funzionalità polmonare e da una disbiosi delle vie aeree, ma non è chiaro se quest’ultima abbia un ruolo nella progressione della malattia.

Cosa aggiunge questa ricerca
Uno studio longitudinale su pazienti con BPCO ha rivelato che la disbiosi delle vie aeree al basale è caratterizzata da un arricchimento di batteri patogeni opportunisti ed è correlata a un rapido declino del volume espiratorio forzato in un secondo (FEV1) nell’arco di due anni. La disbiosi è risultata anche fortemente associata alla riduzione del FEV1 correlata alla riacutizzazione e all’improvviso calo del FEV1 alla stabilità, contribuendo al declino del FEV1 a lungo termine. I ricercatori hanno rilevato la presenza nelle vie aeree del batterio Staphylococcus aureus, che è risultato in grado di alterare la funzione polmonare attraverso l’omocisteina, che innesca uno spostamento dall’apoptosi dei neutrofili alla NETosi attraverso l’asse AKT1-S100A8/A9. L’assenza di S. aureus nei topi con enfisema ha ripristinato la funzione polmonare. I dati ottenuti suggeriscono quindi un nuovo metodo per rallentare la progressione della BPCO prendendo di mira il microbioma delle vie aeree.

Conclusioni
La disbiosi delle vie aeree sembra contribuire al declino della funzione polmonare nei pazienti con BPCO attraverso l’interazione metabolica con i processi fisiopatologici dell’ospite. Sviluppare trattamenti che prendano di mira i meccanismi di interazione microbo-ospite potrebbe essere una valida opzione terapeutica per rallentare la progressione della BPCO.

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è la terza causa di mortalità nel mondo ed è caratterizzata da un progressivo declino della funzione polmonare, comunemente misurata in base alle variazioni del volume espiratorio forzato in 1 secondo (FEV1). Diversi studi hanno dimostrato il legame tra alterazioni del microbiota delle vie aeree e la BPCO e come queste siano associate a esiti clinici peggiori.

Un recente studio intercontinentale e multi-coorte, condotto da Wang e colleghi e pubblicato sulla rivista Cell Host Microbe, ha rivelato che la disbiosi delle vie aeree accelera il declino della funzione polmonare, un fenotipo caratteristico della BPCO. Sono stati analizzati campioni di espettorato di due coorti di pazienti con BPCO per valutare la funzionalità polmonare.

Gli autori hanno mostrato che i patogeni opportunistici erano associati a un rapido declino del FEV1 nella BPCO. Questi taxa erano associati a eventi chiave tra cui la riduzione del FEV1 correlata all’esacerbazione e il calo improvviso del FEV1 alla stabilità. Inoltre, è stato scoperto che S. aureus promuove il declino della funzione polmonare attraverso l’asse omocisteina-AKT1-S100A8/A9.

Disbiosi delle vie aeree e declino accelerato del FEV1

I ricercatori hanno calcolato il tasso di declino della funzione polmonare, classificando i pazienti in 3 categorie: declino rapido, declino lento e nessun declino. 

Al basale sono state osservate differenze nel microbiota dell’espettorato tra i tre gruppi di partecipanti: i gruppi “declino rapido” e “declino lento” mostravano una riduzione dell’alfa-diversity non significativa rispetto al gruppo “nessun declino”.

I metodi di classificazione basati sul microbioma hanno dimostrato una maggiore prevedibilità per i soggetti in rapido declino rispetto ai gruppi “declino lento” e “nessun declino”. 

I batteri tra cui Moraxella, Actinobacillus, Stenotrophomonas, Ochrobactrum, Aggregatibacter, Gemellaceae, Abiotrophia, Achromobacter e Staphylococcus sono risultati arricchiti nel gruppo “declino rapido”, mentre Haemophilus e Neisseria sono risultati maggiormente arricchiti rispettivamente nei gruppi “declino lento” e “nessun declino”.

Molti generi presenti ad alti livelli nei pazienti con declino rapido contenevano agenti patogeni opportunistici e avevano una distribuzione relativamente scarsa tra gli individui. La presenza di Actinobacillus, Stenotrophomonas, Ochrobactrum, Achromobacter o Staphylococcus al basale è stata associata a maggiori tassi di declino del FEV1 e la co-presenza di Actinobacillus, Staphylococcus e Stenotrophomonas è risultata correlata a un maggior declino del FEV1.

Microbioma delle vie aeree coinvolto nel declino accelerato del FEV1

Per convalidare questi risultati, gli autori hanno eseguito la stessa analisi su una terza coorte indipendente di pazienti con BPCO provenienti dalla Cina. 

I partecipanti sono stati classificati in modo simile (declino rapido, declino lento e nessun declino) in base alla riduzione del FEV1 a 1 anno

Anche in questa coorte il microbiota differiva tra i tre gruppi. I ricercatori hanno osservato in particolare un arricchimento di Moraxella catarrhalis, Staphylococcus aureus, Gemella haemolysans, Actinobacillus sp. e Achromobacter sp. nel gruppo “rapido declino”, convalidando i risultati delle coorti britanniche. 

La compresenza di M. catarrhalis e Actinobacillus sp. ha avuto il maggior incremento durante la riduzione  del FEV1. Neisseria subflava e Mycoplasma salivarium sono risultati arricchiti nel gruppo “nessun declino”, confermando anche in questo caso i dati ottenuti nelle coorti britanniche.

Un certo numero di metaboliti batterici è risultato arricchito nell’espettorato dei tre gruppi. Inoltre, sfruttando le informazioni genetiche microbiche e le coppie metabolita-ospite note, sono stati identificati collegamenti biologici per l’interazione microbioma-metabolita-ospite.

Il tasso di declino del FEV1 degli individui di tutti e tre i gruppi è stato previsto per valutare l’importanza di ciascuna correlazione genica microbioma-metabolita-ospite con il declino del FEV1. L’associazione S. aureus-homocysteine-AKT1 è risultata quella con la più alta prevedibilità. Tra le principali correlazioni osservate rientra anche quella S. aureus-homocysteine-S100A8. 

Una tendenza generale all’aumento di IgA, IgG e IgM è stata osservata nell’espettorato di pazienti che presentano batteri tipicamente arricchiti nei soggetti con rapido declino del FEV1; inoltre, l’aumento dei linfociti T CD8+ e dei linfociti B della memoria è risultato associato rispettivamente a cinque e quattro batteri arricchiti nel gruppo “declino rapido”.

Questi risultati suggeriscono il possibile coinvolgimento dell’immunità adattativa dell’ospite in risposta alla disbiosi delle vie aeree associata al declino rapido del FEV1. 

Il ruolo di S. aureus e omocisteina

Gli autori dello studio hanno selezionato una specie batterica da ciascuno dei generi identificati come arricchiti nel gruppo “declino rapido” nelle coorti britannica e cinese e hanno inoculato i topi con una bassa dose di ciascun batterio per un periodo di 4 settimane.

La somministrazione di tutte e cinque le specie ha provocato un declino della funzione polmonare; ad avere un effetto maggiore è stato generalmente S. aureus, che è stato l’unico batterio a far registrare un aumento dell’omocisteina nel liquido di lavaggio broncoalveolare dei topi. 

L’omocisteina è risultato l’unico metabolita significativamente elevato in seguito all’inoculazione di S. aureus nei topi e arricchito nei pazienti con declino rapido della funzione polmonare. 

L’inoculazione di tutte e cinque le specie batteriche ha determinato un aumento della proporzione di linfociti B e linfociti T CD8+ rispetto alle cellule T CD4+, nonché livelli elevati di IgA, IgG e IgM nel tessuto polmonare dei topi, suggerendo un potenziale coinvolgimento dell’immunità adattativa dell’ospite in risposta a questi batteri. 

Nel complesso, questi risultati supportano l’importanza della patogenicità di S. aureus e dell’omocisteina, che dovrà essere analizzata più nel dettaglio in ulteriori studi. 

Per riprodurre le principali caratteristiche patologiche della BPCO, è stato utilizzato un modello murino di enfisema. 

Questi topi sono stati colonizzati con S. aureus e hanno mostrato una funzione polmonare significativamente ridotta, un aumento del danno tissutale e un maggiore afflusso di neutrofili rispetto sia a quelli colonizzati con batteri di controllo sia a topi non colonizzati da alcun microbo. 

A sostegno del legame S. aureus-omocisteina, l’omocisteina delle vie aeree è risultata aumentata nei topi con enfisema e in quelli di controllo ai quali è stato inoculato S. aureus. In particolare, i topi con enfisema trattati con S. aureus hanno sperimentato un declino della funzione polmonare più rapido rispetto ai controlli, così come avviene nei pazienti con BPCO. 

Per valutare se S. aureus contribuisca al declino della funzione polmonare attraverso l’omocisteina, i topi con enfisema sono stati inoculati con una forma mutante di S. aureus che non presenta il gene per la sintesi dell’omocisteina. Ciò ha comportato una riduzione dell’omocisteina delle vie aeree, un declino della funzione polmonare attenuato, meno danni ai tessuti e un minor afflusso di neutrofili, nonché un declino della funzione polmonare più lento nelle successive 4 settimane. 

Questi risultati indicano che l’omocisteina è responsabile del fenotipo patologico. Inoltre, la somministrazione di omocisteina ha portato al declino della funzione polmonare, all’aumento del danno tissutale, allo sviluppo di enfisema, all’afflusso di neutrofili e alla deposizione di collagene, nonché a una significativa sovraregolazione dei geni coinvolti nella degranulazione neutrofila, incluso S100A8 nei topi con enfisema. 

I ricercatori hanno poi osservato un’aumentata fosforilazione di AKT1 nel tessuto polmonare e nei neutrofili polmonari di topi con enfisema in risposta alla somministrazione di omocisteina, supportando il collegamento omocisteina-AKT1. 

La somministrazione di omocisteina ha portato a un aumento dei neutrophil extracellular traps (NET), che è stato abrogato quando è stato co-somministrato l’inibitore di AKT1. 

Questi risultati suggeriscono che l’omocisteina attiva AKT1 dell’ospite per commutare la morte dei neutrofili dall’apoptosi alla NETosi, inducendo una maggiore infiammazione, lesioni tissutali e una riduzione della funzione polmonare tramite AKT1. Inoltre, l’inibizione di S100A8/A9 ha annullato gli effetti patogenetici dell’omocisteina nei topi con enfisema. 

Nel complesso questi dati suggeriscono che la colonizzazione cronica delle vie aeree da parte di S. aureus promuove il declino della funzione polmonare in caso di enfisema attraverso la produzione di omocisteina, che porta a un’infiammazione neutrofila persistente attraverso l’asse AKT1-S100A8/A9. 

Batteriofago di S. aureus rallenta il declino della funzione polmonare 

Gli autori hanno infine esplorato possibili soluzioni terapeutiche. A questo scopo, hanno isolato il batteriofago LJT-1, che è in grado di lisare S. aureus ATCC 6538 senza prendere di mira altri membri del microbiota delle vie aeree.

La colonizzazione cronica delle vie aeree da parte di S. aureus ATCC 6538 è stata ripetuta durante le prime 4 settimane; i topi sono stati inoculati per via intranasale a scopo profilattico, durante l’instaurarsi della malattia, oppure a scopo terapeutico, dopo lo sviluppo della malattia. 

Per i topi con enfisema colonizzati da S. aureus, il trattamento profilattico  con i fagi ha portato a un ridotto declino della funzione polmonare, a lesioni dei tessuti e all’afflusso di neutrofili, nonché a una diminuzione dei livelli di omocisteina a livello delle vie aeree. 

Una marcata riduzione dei livelli di S. aureus è stata osservata nei polmoni dei topi colonizzati da questo batterio dopo il trattamento con i fagi, senza una significativa alterazione del microbiota generale. La funzione polmonare non è risultata alterata in modo significativo dalla terapia fagica nei topi con enfisema senza colonizzazione iniziale di S. aureus.

Il trattamento terapeutico con i fagi nei topi colonizzati da S. aureus dopo la comparsa della malattia  ha portato a un declino più lento della funzione polmonare insieme a una rapida riduzione di S. aureus. La valutazione della sicurezza non ha indicato lesioni d’organo degne di nota indotte dai fagi. Questi risultati suggeriscono che il fago di S. aureus potrebbe essere un potenziale agente terapeutico per contrastare il declino della funzione polmonare in caso di BPCO.

Conclusioni

Nel complesso, i risultati dello studio confermano l’associazione tra generi microbici contenenti agenti patogeni opportunistici delle vie aeree e esiti clinici peggiori nelle malattie polmonari croniche e acute

Il monitoraggio del microbiota delle vie aeree potrebbe quindi aiutare a identificare i pazienti con un maggior rischio di rapido declino della funzione polmonare in modo da impostare una gestione della malattia più aggressiva. 

Infine, sviluppare trattamenti che prendano di mira i meccanismi di interazione microbo-ospite potrebbe essere una valida opzione terapeutica per rallentare la progressione della BPCO.

Federica Bottiglione

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