Un team di ricercatori dell’Università di Edinburgo (UK) ha recentemente condotto una revisione, basata su alcuni studi clinici di letteratura, allo scopo di delineare lo stato dell’arte e le possibili sfide future nell’ambito della correlazione tra microbioma respiratorio e l’insorgenza di infezioni polmonari.
Ad oggi, infatti, le infezioni delle basse vie respiratorie rappresentano a livello mondiale circa il 50% di tutte le morti sotto i 5 anni d’età, soprattutto nei paesi a basso-medio reddito.
I batteri o virus che causano queste infezioni sono per la maggior parte fisiologicamente presenti nella flora batterica polmonare già in tenera età, spesso anche in soggetti asintomatici.
Perché allora certi bambini sono più soggetti allo sviluppo di infezioni respiratorie, anche croniche o severe, rispetto ad altri? Molti sono gli attori coinvolti, sia genetici sia ambientali.
Il microbioma respiratorio sembra giocare un ruolo fondamentale essendo coinvolto nella stimolazione della risposta immunitaria e nello sviluppo della mucosa e/o barriera epiteliale.
La sua composizione all’interno di uno stesso apparato respiratorio è estremamente variabile soprattutto nei primi giorni e settimane di vita e sembrerebbe essere influenzata non solo da caratteristiche anatomiche dell’individuo ma anche da fattori esterni come la modalità di nascita (parto naturale o Cesareo), allattamento al seno o in formula, antibiotici, condizioni igienico-ambientali.
Questa variabilità di fattori incidenti determina la predisposizione in certi individui, più o meno marcata, per lo sviluppo, anche in età adulta, di patologie respiratorie croniche come ad esempio asma.
Così il microbiota incide sul rischio di infezioni polmonari
Campioni di microbioma respiratorio collezionati subito dopo la nascita presentano un’elevata concentrazione di batteri fecali, vaginali, cutanei o ambientali; dopo un giorno emerge la presenza di Viridans Streptococcus che lascia il posto a Sthaphylococcus Aureus dopo la prima settimana di vita. A sei mesi predominante è per esempio il Moraxella catarrhalis ecc…
Bambini nati con parto naturale presentano livelli consistenti di batteri vaginali (Lactobacillus, Prevotella…) mentre quelli nati con parto cesareo hanno una maggior concentrazione di batteri cutanei (Corynebacterium, Staphylococcus…).
Parto naturale, uso di antibiotici controllato, allattamento al seno, condizioni igieniche non troppo restrittive sembrano essere tra le chiavi vincenti per una sana e fisiologica maturazione del microbioma.
La sua composizione nei primi mesi di vita sembra inoltre determinare la stabilità e l’integrità di quello che caratterizzerà la vita adulta dell’individuo.
Da recenti studi si è visto infatti come la colonizzazione batterica delle vie aeree in età neonatale sia coinvolta nel bilanciamento tra infezioni respiratorie lievi e la loro progressione verso condizioni più croniche e/o gravi.
Capita la correlazione tra microbioma neonatale e infezioni respiratorie, quali sono le proposte per il futuro? Secondo gli autori della revisione le priorità sono:
- Favorire la presenza e la colonizzazione di specie batteriche “benigne” che giocano un ruolo protettivo per l’individuo
- Ridurre il numero di parti cesarei in favore di quelli naturali
- Limitare l’uso di antibiotici in ambito pediatrico ai soli casi di necessità
- Intervenire nelle infiammazioni lievi e asintomatiche in modo da prevenirne il peggioramento
- Modulare nel lungo periodo la biodiversità del microbioma e ridurne la disbiosi
La discussione rimane tuttavia aperta dato che, fino a oggi, i rapporti e i meccanismi che intercorrono tra composizione batterica neonatale e patologie dell’età adulta non sono ancora del tutto chiari.
Numerose sono le proposte terapeutiche e le misure preventive che si stanno mettendo a punto per cercare di indagare e sfruttare a fondo questa correlazione che sembra, ormai, sempre più delineata e sicura.