Fibromialgia e fatica cronica: cosa dicono gli ultimi studi sui probiotici

Un team spagnolo ha analizzato le evidenze scientifiche sull’utilità dei probiotici nel trattamento della fibromialgia associata a fatica cronica.
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Fibromialgia e fatica cronica: cosa dicono gli ultimi studi sui probiotici

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Le evidenze scientifiche relative all’utilità dei probiotici nel trattamento della sindrome fibromialgica (fibromialgia) associata a fatica cronica sono ad oggi estremamente limitate nonostante risultati positivi siano in generale stati osservati nella riduzione dello stato ansioso e infiammatorio in pazienti con sindrome da fatica cronica.

È quanto conclude la revisione sistematica condotta dal gruppo coordinato da Pablo Roman dell’Universidad de Almería, in Spagna, e pubblicata sulla rivista Beneficial Microbes.

Fibromialgia e sindrome da fatica cronica

La “sindrome fibromialgica” (SFM) è una condizione clinica dall’eziologia sconosciuta ma caratterizzata principalmente da dolore cronico, generalizzato e diffuso accompagnato solitamente da rigidità mattutina, depressione, nervosismo, confusione o disordini del sonno.

Inoltre, la fibromialgia è spesso associata ad altre sindromi somatiche vere e proprie tra le quali la “sindrome da fatica cronica” (SFC) causata da una sovra-produzione di citochine infiammatorie che comportano per più di 6 mesi episodi di “fatigue” cioè affaticamento, stanchezza persistente o intermittente.

In caso di fibromialgia, ma anche di fatica cronica, frequenti sono anche i sintomi legati al sistema gastrointestinale tra i quali troviamo costipazione o diarrea, intolleranze alimentari, celiachia e la sindrome dell’intestino irritabile.

Considerando l’ampio e variegato quadro sintomatologico, risulta plausibile il coinvolgimento anche del microbiota intestinale.

È stato infatti dimostrato come pazienti con fatica cronica presentino un profilo batterico alterato e ricco di Gram+ anaerobi, più volte associati ad alterazioni cognitive e neurologiche. Pimentel et al., ha inoltre riscontrato una proliferazione batterica eccessiva di batteri coinvolti nel metabolismo del lattosio in soggetti con SFM. Un trattamento a base di probiotici potrebbe quindi andare a migliorare in parte la situazione clinica di questi pazienti.

A tal proposito si inserisce la revisione condotta dai ricercatori spagnoli avente lo scopo di riassumere le evidenze di letteratura finora disponibili che riportano gli effetti di probiotici nel trattamento di soggetti con diagnosi di SFM o SFC.

Criteri applicati per condurre la revisione sistematica

  • Ricerca delle fonti per parole chiave condotta in 14 database di letteratura
  • Criteri di inclusione:
    • studi clinici randomizzati controllati e/o studi pilota
    • studi condotti su pazienti maggiorenni con diagnosi di SFM o SFC
    • studi pubblicati dal 2006 al 2016
    • studi pubblicati in lingua inglese o spagnola
    • studi che riportano informazioni relative alla capacità dei probiotici di ridurre o migliorare i sintomi in pazienti con SFM o SFC
    • studi che rispettano gli standard di qualità
  • Selezione degli articoli pertinenti effettuata da due revisori in maniera indipendente
  • Valutazione della qualità degli articoli selezionati in base alla scala Jadad

Risultati ottenuti dal lavoro di revisione sui probiotici

Da un totale di 537 articoli identificati inizialmente attraverso la strategia di ricerca per parole chiave, solo 2 sono stati considerati per questa revisione in quanto conformi a tutti i criteri di selezione precedentemente descritti. Di seguito le loro caratteristiche principali.

Autori Disegno di studio Intervento Outcomes
Rao et al., 2009 RCT pilota;
Doppio cieco vs placebo;
Pazienti con SFC n=48 (28 vs 20);
8 settimane
Lactobacillus casei (Shirota) Depressione, ansia
Groeger et al., 2013 RCT pilota;
Doppio cieco vs placebo;
Pazienti con SFC n=35 (19 vs 16);
8 settimane
Bifidobacterium infantis 35624 Marcatori infiammatori;
Livelli plasmatici di IL-6 e TNF-α

Lo studio di Rao et al., ha riscontrato una riduzione significativa dello stato ansioso nel gruppo di soggetti con SFC trattato con il probiotico rispetto a quello di controllo.

Nessuna differenza è invece emersa in termini di sintomi depressivi. Per quanto riguarda invece la valutazione della sicurezza del trattamento, il probiotico è risultato ben tollerato non riportando alcun caso di evento avverso significativo al pari del gruppo di controllo.

Groeger et al., ha invece valutato l’impatto di B. infantis sullo stato infiammatorio sempre di pazienti con SFC. La somministrazione orale del probiotico ha ridotto nel 71% dei pazienti i livelli plasmatici della PCR (proteina C reattiva) migliorando inoltre quelli delle citochine pro-infiammatorie periferiche testate (IL-6 e TNF-α).

Di contro, il gruppo trattato con probiotico ha mostrato un lieve innalzamento rispetto al baseline di PCR e TNF-α, inalterati invece i valori di IL-6 al termine dello studio. Diversamente da Rao et al., non è stato considerato il profilo di tollerabilità sebbene non sia stato evidenziato anche in questo caso alcun evento avverso grave.

Conclusioni

In conclusione, le ricerche disponibili riguardo la potenziale utilità dei probiotici nel trattamento della fibromialgia e della fatica cronica sono ad oggi molto limitate e studi di qualità sono stati condotti apparentemente solo su pazienti con SFC.

Nonostante le evidenti limitazioni, i risultati degli studi inclusi sembrerebbero tuttavia sostenere l’efficacia dei probiotici testati nel migliorare i sintomi di ansia e infiammazione.

Gli autori di questa revisione sottolineano perciò la necessità di ulteriori studi che vadano a valutare non solo l’intera sintomatologia legata alla sindrome da fatica cronica e soprattutto a quella fibromialgica ma anche l’eventuale efficacia di altri ceppi batterici.

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