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Asse intestino cervello: una review per capire a che punto siamo arrivati

Una revisione della UCC Ireland ha analizzato gli studi sul rapporto tra microbiota intestinale, cervello e comportamento. Ecco cosa emerge.
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Asse intestino cervello: una review per capire a che punto siamo arrivati

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Stato dell'arte
Per molto tempo gli scienziati hanno riconosciuto l’importanza dell’asse intestino-cervello nel mantenimento della salute umana. Ma negli ultimi due decenni è emerso il ruolo chiave anche del microbiota.
Cosa aggiunge questa ricerca
I ricercatori hanno condotto una revisione della letteratura riguardante l’impatto del microbiota sul cervello e sul comportamento, con particolare attenzione agli strumenti e ai modelli utilizzati per studiare l’asse microbiota-cervello-intestino, ai pathway di potenziale comunicazione tra i microrganismi intestinali e il cervello e alle condizioni neurologiche associate a cambiamenti nel microbiota.
Conclusioni
Per capire se il microbiota svolge un ruolo chiave nello sviluppo di specifici disturbi neurologici, in futuro la ricerca dovrà concentrarsi sull’analisi dei nessi causali e andranno condotti trial su nuovi potenziali approcci terapeutici.

In questo articolo

Per molto tempo, gli scienziati hanno riconosciuto il ruolo fondamentale della comunicazione tra l’intestino e il cervello per salvaguardare la salute umana. Tuttavia, negli ultimi due decenni è emersa l’idea che i trilioni di microrganismi presenti nell’intestino, noti collettivamente come microbiota, siano uno dei regolatori chiave dell’asse intestino-cervello.

Centinaia di studi hanno esaminato il modo in cui i microrganismi intestinali comunicano con il cervello e hanno individuato una correlazione fra diversi disturbi psichiatrici, sia legati all’età sia neurodegenerativi, e il microbiota. John Cryan dell’University College di Cork, in Irlanda, e i suoi colleghi hanno effettuato una revisione delle attuali conoscenze in merito all’impatto dei batteri intestinali sul cervello e sul comportamento.

Il loro lavoro, pubblicato su Physiological Reviews, si è focalizzato sugli strumenti e sui modelli utilizzati per studiare l’asse microbiota-cervello-intestino, sui pathway di potenziale comunicazione tra i microrganismi intestinali e il cervello, nonché sulle condizioni neurologiche associate a cambiamenti del microbiota.

Strumenti e modelli

Sebbene gli scienziati non abbiano ancora compreso completamente i meccanismi alla base dell’interazione tra il microbiota e il cervello, sono stati sviluppati un gran numero di strumenti e modelli animali che hanno permesso ai ricercatori di studiare l’asse microbiota-intestino-cervello.

Tra questi, modelli animali nati e cresciuti in assenza di microrganismi (germ-free), l’uso di antibiotici per impoverire o modificare il microbiota intestinale e il trapianto di microbiota fecale, una procedura che prevede il trasferimento di microrganismi intestinali da un individuo a un altro. Numerosi studi hanno scoperto che alcune caratteristiche comportamentali possono essere trasferite mediante trapianto fecale, compresi comportamenti simili all’ansia e alla depressione.

Più recentemente, i prebiotici (sostanze, contenute in alcuni alimenti, che promuovono la crescita o l’attività di batteri intestinali benefici) si sono rivelati in grado di cambiare la composizione e la funzione del microbiota. Il trattamento di animali o persone con prebiotici come inulina, amido e altre fibre alimentari ha comportato una riduzione dei comportamenti simili all’ansia e alla depressione e un miglioramento delle attività cognitive e dell’apprendimento. Tuttavia, non è ancora chiaro come i prebiotici influenzino il cervello e il comportamento e quali metaboliti microbici siano coinvolti.

Inoltre, studi di imaging del cervello in modelli animali e nell’uomo hanno dimostrato come la dieta possa influenzare le funzioni cerebrali alterando il microbiota intestinale. In particolare, uno studio condotto nell’uomo ha mostrato, mediante l’analisi di scansioni cerebrali, la capacità di un ceppo di Bifidobacterium longum di ridurre le risposte a stimoli emotivi negativi in ​​più aree del cervello.

Come cambia il microbiota nel corso della vita

Il microbiota intestinale cambia costantemente nel corso della vita. Subito dopo la nascita, il microbiota umano è caratterizzato da un’elevata abbondanza di Enterobacteriaceae, Bifidobacteriaceae e Clostridiaceae e bassi livelli di Lachnospiraceae e Ruminococcaceae.

Dopo lo svezzamento, la diversità complessiva del microbiota intestinale diventa comparabile a quella degli adulti. Studi clinici condotti sugli interventi probiotici hanno prodotto risultati promettenti per quanto riguarda la riduzione del rischio di alcune patologie, tra cui il disturbo dello spettro autistico e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

Durante l’adolescenza, il microbiota intestinale umano presenta una maggiore abbondanza di Bifidobacterium e Clostridium; è stato inoltre osservato che trattamenti antibiotici a lungo termine che impoveriscono il microbiota sono in grado di causare ansia e alterazioni delle attività cognitive e del comportamento sociale negli adulti.

Sebbene la composizione del microbiota intestinale umano in età adulta sia generalmente costante, la sua stabilità diminuisce in età avanzata: alcuni studi hanno dimostrato una riduzione dei lattobacilli e dei bifidobatteri benefici nel corso dell’invecchiamento. La famiglia batterica Porphyromonadaceae è risultata associata al declino cognitivo e ai disturbi affettivi, mentre è stato osservato che le diete che prevengono la riduzione di Bifidobacterium legata all’età hanno effetti positivi per la salute sia nei topi sia nell’uomo.

Comunicazione microbiota-cervello

Molti studi suggeriscono che le interazioni tra il microbiota e l’ospite a livello dell’intestino portano al rilascio di molecole del sistema immunitario, neurotrasmettitori e metaboliti microbici che possono influenzare i messaggi neuronali ed eventualmente regolare le funzioni cerebrali e il comportamento.

I ricercatori hanno dimostrato che il metabolita microbico 4-etilfenilsolfato è sufficiente per indurre un comportamento simile all’ansia nei topi e che il microbiota intestinale è in grado di modulare il sistema nervoso enterico, una rete di neuroni che governa le funzioni del tratto gastrointestinale.

Inoltre, si è visto che il microbiota sintetizza e risponde a numerose sostanze neurochimiche, tra cui la serotonina e il GABA, coinvolte nel comportamento e nelle attività cognitive umane.

Infine, molti sottoprodotti microbici come gli acidi biliari secondari e gli acidi grassi a catena corta sembrano implicati nelle funzioni gastrointestinali, nella regolazione della pressione sanguigna, nel ritmo circadiano e nella funzione neuroimmune. Per esempio, in caso di disturbi che influenzano il cervello e il comportamento, come il Parkinson, sono stati osservati nelle feci livelli ridotti di acidi grassi a catena corta.

Modellare l’asse microbiota-intestino-cervello

Il microbiota intestinale è influenzato da molti fattori, tra cui dieta, esercizio fisico e farmaci. A sua volta, il microbiota ha un impatto su paura,  stress e comportamenti alimentari.

Molte condizioni come l’anoressia e l’obesità sono per esempio associate a un microbiota intestinale alterato e studi condotti sui roditori e sull’uomo suggeriscono che i cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale possono influenzare le funzioni cognitive.

La somministrazione di probiotici, in particolare Bifidobacterium e Lactobacillus, ha avuto effetti promettenti su stress, ansia e depressione in studi sia sugli animali sia sull’uomo. Attualmente diversi studi stanno esaminando se la composizione del microbiota intestinale può aiutare a prevedere la suscettibilità di un individuo allo stress.

Microbiota, sviluppo del cervello e malattia

Se e come il microbiota possa avere effetti a lungo termine sullo sviluppo del cervello è poco compreso, ma gli studi hanno dimostrato che topi germ-free hanno bassi livelli di una proteina che si ritiene svolga un ruolo importante sulla neuroplasticità, nonché sull’ansia e sulla depressione nell’uomo.

Gli antibiotici sono stati associati ad alterazioni della neurogenesi, dell’apoptosi e della potatura sinaptica, mentre i trattamenti con probiotici e prebiotici sono in grado di ripristinare deficit cognitivi e comportamentali nei roditori.

Sebbene le cause di condizioni come il disturbo dello spettro autistico e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività non siano chiare, esistono prove del ruolo dei microrganismi intestinali nel provocare alcuni dei loro sintomi. Gli studi hanno infatti rilevato alterazioni nell’abbondanza di numerosi batteri, tra cui i bifidobatteri.

Altre ricerche sugli animali hanno osservato un legame tra ansia, depressione e cambiamenti nella composizione del microbiota; inoltre, la somministrazione di probiotici ha dimostrato di migliorare il tono dell’umore e l’ansia nell’uomo.

Oltre a condizioni come l’anoressia, l’obesità e la sindrome dell’intestino irritabile, un profilo alterato del microbiota è stato associato anche a disturbi neurodegenerativi, come il Parkinson e il morbo di Alzheimer. Il trapianto fecale da pazienti con Parkinson in topi germ-free ha causato deficit motori e neuroinfiammazione, due segni caratteristici del Parkinson. Nell’intestino di pazienti con Alzheimer sono stati invece osservati livelli ridotti di Firmicutes e Bifidobacterium, nonché una maggiore abbondanza di Bacteroidetes rispetto alle persone sane.

Allo stesso modo, nelle feci di pazienti con sclerosi multipla, i ricercatori hanno rilevato un’alta abbondanza di Akkermansia muciniphila e Acinetobacter calcoaceticus.

Tuttavia, non è ancora chiaro se i cambiamenti nel microbiota siano fondamentali per lo sviluppo di questi disturbi neurologici. Perciò, la ricerca futura dovrà spostarsi da studi comparativi verso analisi dei nessi causali e andranno condotti trial su nuovi potenziali approcci terapeutici.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione

Giorgia Guglielmi
Giorgia Guglielmi è una science writer freelance residente a Basilea, in Svizzera. Ha conseguito il dottorato in Biologia all’European Molecular Biology Laboratory e il Master in Science Writing al MIT.

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