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Probiotici e prebiotici durante le infezioni batteriche: lo stato dell’arte della ricerca

Una review su Microbial Pathogenesis mostra come fibre e probiotici influenzano lo sviluppo e il decorso di patologie infettive.
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Probiotici e prebiotici durante le infezioni batteriche: lo stato dell’arte della ricerca

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Stato dell'arte
Gli antibiotici continuano a rappresentare l’approccio terapeutico principale in caso di patologie infettive. Vista la problematica dell’antibiotico-resistenza, sono però necessari trattamenti alternativi. Il microbiota sembrerebbe in grado di influenzare la suscettibilità alle infezioni e il loro decorso.
Cosa aggiunge questa ricerca
Scopo della revisione è stato riassumere le evidenze sul ruolo delle fibre e dei probiotici in caso di patologie infettive, nonché sui meccanismi che stanno alla base di questa interazione.
Conclusioni
La risposta alla dieta e al supplemento probiotico non è la stessa tra individui diversi. Capirne i meccanismi d’azione è quindi importante per la messa a punto di nuove terapie in caso di infezione. Rimane tuttavia ancora molto da approfondire.

In questo articolo

In caso di malattie infettive di origine batterica, gli antibiotici rappresentano l’approccio terapeutico primario nonostante il sempre più comune fenomeno dell’antibiotico-resistenza e la presenza di fattori variabili dell’ospite che ne limitano l’azione. Nel tentativo di trovare una soluzione, gli antibiotici continuano però a essere prescritti e a comportare pesanti alterazioni del microbiota intestinale. Per diminuirne l’impatto, dieta e probiotici potrebbero rappresentare due validi supporti. I dati sulla loro efficacia sono tuttavia contrastanti.

Per fare il punto della situazione Huan Yang e colleghi della Medical Technology School of Xuzhou Medical University (Cina) hanno condotto di recente una revisione sistematica pubblicata su Microbial Pathogenesis, che ha riassunto le evidenze su come fibre e probiotici influenzino lo sviluppo e il decorso di patologie infettive e sul meccanismo alla base di questa relazione. Di seguito i punti principali.

Che fibre e probiotici diano benefici è ormai comprovato. Se tuttavia sono numerose le evidenze in relazione al sostenimento di uno stato di salute o al suo ripristino in presenza di patologie cardiovascolari o metaboliche, meno noti sono i loro reali benefici in relazione a stati infettivi.

Probiotici Vs Infezioni intestinali e non solo

Per quanto riguarda i probiotici, è stata dimostrata una significativa riduzione di espressione di  C. difficile in caso di una sua esposizione a L. casei e B. breve. Risultati positivi anche nel miglioramento della diarrea associata ad antibiotici.

I probiotici non hanno però solo azione intestinale. La somministrazione orale per esempio di L. luteus o di Lactobacillus casei sembrerebbero ridurre rispettivamente lo sviluppo di infezioni subgengivali e da Shigella.

Seppur ceppo-dipendente e, nella maggior parte dei casi, ancora poco chiara, l’azione anti-infettiva dei probiotici sembrerebbe mediata dalla presenza di recettori del sistema immunitario che agiscono sulla produzione di citochine pro-infiammatorie. Tra gli altri meccanismi messi in atto dai ceppi probiotici troviamo la produzione di metaboliti e il controllo di svariati pathway intestinali ed extra intestinali, la regolazione del trasporto attraverso la barriera intestinale, il ripristino della normale composizione del microbiota in situazioni di stress (antibiotici compresi), l’aumento del turn-over cellulare e la competizione con patogeni.

A tal proposito, Lactobacillus e Bifidobacterium sembrerebbero in grado di antagonizzare la proliferazione di Yersinia riducendo quindi la gravità dell’enterocolite ad essa associata. Altri ceppi ad attività antimicrobica sono per esempio Lactobacillus rhamnosus L60 e Lactobacillus fermentans L23 nei confronti rispettivamente di Candida albicans e Streptococcus lactis; Bifidobacteria e Saccharomyces cerevisiae invece nei confronti di Campylobacter jejuni e Staphylococcal septicemia. Tale attività si riscontra soprattutto se i ceppi sono somministrati in determinate combinazioni, non come singolo ceppo. Tra i meccanismi d’azione principali troviamo la competizione per la proliferazione, il supporto all’integrità della barriera intestinale e alla risposta immunitaria nei confronti dei patogeni.

Infezioni batteriche e fibre prebiotiche

Legame ancora da approfondire anche tra le infezioni e le fibre alimentari, soprattutto a causa della loro elevata variabilità in relazione alla fonte e alla complessità metabolica e strutturale.

Secondo alcuni studi le fibre infatti avrebbero un effetto solo nella regolazione del peso corporeo, modulando la sensazione di fame e sazietà. La maggior parte degli studi sosterrebbe invece un loro impatto anche sulla componente batterica intestinale, regolando l’espressione di determinati taxa e, di conseguenza, dei metaboliti da loro prodotti. Per esempio, rispetto ai controlli, abituali consumatori di fibre hanno dimostrato una concentrazione fecale di Bifidobacteria e batteri lattici più elevata, sostenendone l’azione sul microbiota.

Risultati positivi potrebbero inoltre essere ottenuti in situazioni di infiammazione cronica e di alcuni stati infettivi. In che modo? Il legame tra fibre e infezioni sembrerebbe principalmente basato sulla produzione di acidi grassi a corta catena (SCFAs) e di acido succinico, loro precursore. Tali metaboliti hanno infatti dimostrato attività immunomodulanti a vari livelli.

Butirrato e proprionato stimolano il sistema immunitario

Tra questi, per esempio, butirrato e propionato sembrerebbero in grado di inibire la risposta pro-infiammatoria mediata da macrofagi e la differenziazione di cellule dendritiche, oltre che regolare l’espressione di citochine in linfociti T. Il butirrato, in particolare, è risultato in grado di aumentare nelle cellule dell’epitelio intestinale la secrezione di mediatori immunitari quali Treg, cellule T producenti IL-10 e IL-18. Ruolo di promozione anche per diverse vie di segnalazione coinvolte nella stabilità dell’ambiente intestinale (NLRP3, GPR109A e GPR43 per esempio). Elevato è infatti il numero dei recettori SCFAs nelle cellule immunitarie.

Gli SCFAs sembrerebbero inoltre regolare l’espressione di determinati geni, coinvolti nella trascrizione di tossine, espressi da patogeni quali Salmonella, E. coli o Campylobacter jejuni.

Non solo. Con il consumo di fibre vengono introdotti anche nutrienti (per esempio ioni di calcio, zinco, rame) ad attività antimicrobica.

Per quanto riguarda invece l’acido succinico, metabolizzato per esempio da Prevotella, è stato dimostrato un miglioramento nell’omeostasi del glucosio tramite un’interazione con l’ospite ancora non del tutto chiara.

Come i probiotici non sono tutti uguali, non lo sono nemmeno le fibre. Nonostante il generale effetto benefico, l’elevato consumo di certi carboidrati ha infatti dimostrato di peggiorare la situazione in presenza di infezione da Listeria, quello di inulina in presenza di colite.

Conclusioni

In conclusione, dunque, nonostante la maggior parte degli studi sostenga gli effetti positivi di probiotici e fibre nell’ambito delle patologie infettive, a causa dell’estrema diversità dei primi e della complessità strutturale delle seconde, un loro utilizzo clinico è ancora lontano. Saranno quindi necessari ulteriori approfondimenti sull’uomo che considerino anche la variabilità inter-individuale.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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