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Morbo di Crohn: analisi del microbioma utile per pianificare la terapia

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Morbo di Crohn: analisi del microbioma utile per pianificare la terapia

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Selezionando il giusto campione di microbioma e applicando le tecniche più adatte per analizzarlo è possibile, almeno per quanto riguarda il morbo di Crohn, identificare la presenza o meno di marcatori che descrivano la condizione clinica e predire la responsività al trattamento.

È quanto emerge dallo studio di Gavin M. Douglas e colleghi della Dalhousie University, in Canada, attraverso il quale, basandosi su differenti metodologie di analisi, hanno classificato lo stato di avanzamento della malattia e la risposta alle terapie in bambini con morbo di Crohn (MC) non precedentemente trattati.

Il lavoro dei ricercatori canadesi, pubblicato i giorni scorsi in Microbiome, ha di fatto preso in esame non i campioni fecali, il mezzo forse più diffuso per tracciare il microbioma intestinale, ma quelli ottenuti attraverso biopsia endoscopica di 20 bambini con morbo di Crohn, i casi, e da 20 controlli sani.

Il materiale collezionato è stato analizzato attraverso il sequenziamento genico 16S rRNA e quello metagenomico (MSG)  confrontandone poi le evidenze risultanti.

Disbiosi e morbo di Crohn

Precedenti studi di letteratura hanno più volte associato la disbiosi intestinale al rischio di insorgenza di patologie infiammatorie tra le quali il morbo di Crohn.

Nonostante sia una patologia abbastanza diffusa, poco si sa della complessa eziologia, soprattutto nei bambini, e le analisi condotte per lo più sul materiale fecale potrebbero aver dato un’idea alterata delle sue effettive caratteristiche se consideriamo la notevole differenza di condizioni con l’ambiente intestinale interno.

Per questa ragione, in questo studio, sono stati considerati campioni di biopsie, nonostante questo abbia reso necessaria la separazione del DNA umano da quello batterico ai fini di una valutazione basata solo su quest’ultimo.

La classificazione del microbioma in base allo stadio di malattia si è basata su un totale di 19 dataset tassonomici per ognuno dei quali è stata poi valutata l’accuratezza in base all’algoritmo Random Forest (RF).

Stesso approccio è stato successivamente applicato ai campioni di soggetti con morbo di Crohn per valutare l’eventuale potere predittivo di risposta terapeutica riferito a particolari specie batteriche.

All’interno dei 19 dataset ne sono da includere anche 5 provenienti dalla banca dati KEGG, contenente informazioni funzionali a livello cellulare e relative a vie metaboliche e di interazione tra più organismi.

Data la complessità della materia e dello studio, andiamo a descrivere i risultati principali ottenuti rispettivamente dalle due tecniche (16S rRNA e MSG) applicate ai medesimi campioni e prendendo in esame anche i relativi punti di forza e/o limitazioni.

Microbioma e metagenomica forniscono dati utili sul morbo di Crohn

Ogni dataset ottenuto attraverso 16S rRNA, ad eccezione per quello OTUs, è in grado di classificare con elevata accuratezza i pazienti in base al loro grado di malattia mentre quelli provenienti dalla metagenomica sono risultati meno dettagliati e affidabili (84.2% vs 68.4%).

I tre generi batterici più significativi nel delineare lo status clinico sono Desulfovibrio, Akkermansia e Butyricimonas in base a 16S rRNA mentre Alistipes, Oscillibacter e Dorea se consideriamo MSG.

16S rRNA si è inoltre dimostrata la tecnica migliore anche nell’individuazione dei marcatori di risposta terapeutica identificando come maggiormente informativi i generi Dialister, Bilophila e Aggregatibacter.

Andando poi a combinare i risultati ottenuti precedentemente dalle tue tecniche prese singolarmente e applicando lo stesso algoritmo di accuratezza, si è notato un riarrangiamento nella classifica delle specie e delle vie metaboliche, se consideriamo i dataset della KEGG, più significative per la determinazione delle due variabili oggetto dello studio (stato di malattia e risposta al trattamento).

Akkermansia munichipila, identificata con 16S rRNA, si presenta come la specie maggiormente informativa per la stadiazione della patologia, seguita da Verrucomicrobia e Verrucomicobiales, mentre per la risposta terapeutica un posto di rilievo lo vanno ad occupare la via metabolica di degradazione del nitrotoluene indicata con ko00633, la proteina di trasporto carbossilico KO7793 e infine la classe batterica Erysipelotrichi, messe in evidenza questa volta attraverso MSG.

Complessivamente si può dunque affermare come 16S rRNA sia più utile e adatta per delineare il profilo clinico del morbo di Crohn mentre la metagenomica per predire la risposta al trattamento.

Le differenti evidenze ottenute dalle due tecniche sono con ogni probabilità da ricondurre al diverso grado di approfondimento delle analisi.

Un ulteriore miglioramento di queste tecniche e/o la messa a punto di altre potrebbe essere vantaggioso nello sviluppo di terapie basate sulle caratteristiche del nostro microbioma sempre più personalizzate e presumibilmente efficaci da applicare anche ad altre patologie.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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