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Sistema immunitario e microbiota intestinale “scendono a patti”

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Sistema immunitario e microbiota intestinale “scendono a patti”

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Bacteroides fragilis, batterio commensale che risiede nel nostro intestino, è in grado di modificare la propria struttura esterna al fine di instaurare un rapporto di “collaborazione” con le immunoglobuline A (IgA) le quali, anziché attaccarlo come nel caso di un patogeno, non soltanto lo tollerano, ma ne favoriscono anche l’adesione fisiologica all’epitelio intestinale.

È quanto sorprendentemente dimostra lo studio di G.P. Donaldson del California Institute of Technology e colleghi, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Science.

È da tempo ormai noto come il sistema immunitario influenzi il microbioma intestinale indipendentemente dalla dieta.

Una carenza di IgA in modelli murini, per esempio, si riflette in un aumento di variabilità inter-individuale e, di contro, una riduzione di diversità.

Le IgA inoltre, sono state riscontrate in abbondanza nei campioni fecali legate a cellule batteriche vive e sembrerebbero promuovere l’aderenza alle pareti intestinali di determinate specie batteriche commensali.

Tra questi, i ricercatori americani hanno selezionato Bacteroides fragilis il quale ha precedentemente dimostrato notevoli benefici nel migliorare sintomi infiammatori e comportamentali oltre che presentare un buon livello di stabilità e di capacità nel colonizzare la mucosa intestinale.

Il presente studio ha avuto quindi come obiettivi principali quelli di indagare dove e in che modo B. fragilis si annidasse a livello intestinale e quali fossero le strategie adottate per sfuggire alla risposta immunitaria.

Per fare ciò sono stati utilizzati diversi tipi di modelli murini modificati e confrontati con i wild-type, ovvero i controllo, attraverso molteplici tecniche di analisi. I dati ottenuti sono stati molti e spesso di non facile lettura. Ecco dunque i più importanti.

Difese immunitarie e colonizzazione intestinale

Attraverso la microscopia di trasmissione elettronica (TEM) è stato possibile determinare come B. fragilis si annidi sotto forma di discreti, ma saldi, aggregati di cellule nella superficie epiteliale apicale penetrando nello strato più esterno della membrana, il glicocalice, ed entrando quasi a contatto con i microvilli.

Cellule intatte di B. fragilis sono state rinvenute inoltre nelle cripte di Lieberkühn, dette anche ghiandole intestinali.

La capacità di colonizzare di B. fragilis sembrerebbe da ricondurre a specifici loci genici, precedentemente identificati dallo stesso gruppo di ricerca e denominati CCF-ABCDE (commensal colonization factors). È stato dunque indagato come questi geni coordinassero la localizzazione batterica mucosale trasferendone una versione mutata (CFF-CDE o Δ-ccf) in opportuni modelli murini.

B. fragilis Δ-ccf ha mostrato, contrariamente alla forma non mutata dei topi wild-type, una colonizzazione sparsa, in cellule singole e non a contatto con il glicocalice suggerendo l’importanza dei CCF nel suo insediamento.

Attorno agli aggregati fisiologici di B. fragilis è stata poi evidenziata una sottile ma compatta capsula contentiva, molto meno espressa nei mutati. Si è dunque indagata la differenza tra i due strati in termini di composizione andando ad intervenire a livello di espressione genica. Quello che si è scoperto è ad esempio come B. fragilis Δ-ccf abbia un livello minore di polisaccaridi di tipo C e un maggior tasso di quelli di tipo A rispetto a B. fragilis non mutato.

È stata poi valutata la risposta immunitaria dell’ospite durante la colonizzazione sia con B. fragilis commensale che Δ-ccf e in che misura il differente grado di espressione di polisaccaridi influisse sul grado di riconoscimento e quindi di legame da parte delle IgA rilevate nei campioni fecali.

Nessuna variazione di cellule immunitaria è stata in generale osservata mentre, al contrario, il livello di IgA associate è risultato notevolmente maggiore nei topi wild-type, cioè monocolonizzati con B. fragilis, rispetto alla versione mutata Δ-ccf anche se la quantità di IgA fecali si è mostrata complessivamente comparabile.

Ecco come Bacteroides fragilis sfugge al sistema immunitario

Attraverso ulteriori test, i ricercatori hanno infine scoperto come B. fragilis sia in grado di mettere in atto una serie di modifiche strutturali all’esterno dell’aggregato che va a formare in modo da favorire l’attrazione e il legame con le IgA e instaurare perciò una colonizzazione della mucosa quanto più stabile possibile.

L’assenza di IgA in modelli germ-free IgA -/- ha inoltre dimostrato di ostacolare pesantemente la colonizzazione del batterio a prova di un loro importante e positivo ruolo in questo processo.

In conclusione dunque, Bacteroides fragilis si annida a livello della mucosa intestinale sotto forma di aggregati compatti e protetti da uno strato di carboidrati ma, contrariamente a quanto succede ad altri batteri patogeni, è in grado di modulare la propria architettura esterna per essere non soltanto tollerato dalle cellule immunitarie, ma anche favorito nel processo di colonizzazione.

Questa scoperta, seppur preliminare, potrebbe avere importanti ricadute terapeutiche andando ad aprire filoni di ricerca finalizzati ad approfondire ulteriormente il rapporto tra sistema immunitario e microbioma con possibili avanzamenti nella conoscenza di molteplici patologie immuno o gastro correlate.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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