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Probiotici: per colonizzare l’intestino servono specifici nutrienti

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Probiotici: per colonizzare l’intestino servono specifici nutrienti

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Attraverso il supplemento di nutrienti specifici è possibile rendere più prevedibile ed efficace la colonizzazione batterica di ceppi esogeni.

È quanto afferma lo studio condotto da Elizabeth Stanley Shepherd e colleghi, pubblicato su Nature.

È ormai noto come il microbioma sia fondamentale per la salute dell’individuo e allo stesso tempo di come sia altamente influenzato sia da fattori esterni che interni dell’ospite. Mentre i ceppi batterici commensali in assenza di pesanti perturbazioni si mantengono più o meno stabili nel tempo, il destino di quelli esogeni o dei probiotici è risultato estremamente variabile, imprevedibile e generalmente determinato dalla componente batterica già presente.

Leggi anche: Probiotici, dieci regole per prescrivere quelli adeguati

Molto spesso infatti, ceppi residenti ostacolano l’insediamento nella stessa nicchia di altri batteri isogenici, cioè con identica costituzione genetica, mentre in altri casi sembrerebbero accettarla. Analizzare perciò i fattori che governano la colonizzazione soprattutto di batteri introdotti dall’esterno è un aspetto molto importante nell’assicurare l’efficacia delle terapie mirate sul microbiota.

I ricercatori della Stanford University School of Medicine, negli Stati Uniti, concentrandosi proprio su questo punto, hanno perciò monitorato il processo di proliferazione del batterio Bacteroides ovatus, ceppo raro nel microbiota degli individui occidentali, con i relativi fattori condizionanti dopo averlo trasferito in tre gruppi di modelli murini rispettivamente uno con microbiota caratteristico (wild-type), e due pre-colonizzati con il microbiota di due donatori americani sani.

Tra tutti è stato selezionato Bacteroides ovatus, detto NB001, a causa della sua capacità di utilizzare come fonte di nutrimento sia carboidrati comunemente introdotti con la dieta sia porfirano, un polisaccaride contenuto in alghe edibili ma molto meno diffuso tra le abitudini alimentari dei donatori.

L’espressione di NB001 nei campioni fecali raccolti da tutti i modelli è stata valutata grazie al tracciante fluorescente GFP dapprima in assenza di alcun supplemento alla normale dieta, in seguito con la somministrazione prima di inulina e poi di porfirano.

Ecco dunque i principali risultati ottenuti.

Colonizzazione batterica e specifici nutrienti prebiotici

Il microbiota preesistente ha difatti mostrato una diversa risposta in seguito a introduzione di NB001 a seconda della dieta applicata. Nel dettaglio:

  • In assenza di alcun supplemento alla dieta normale, la colonizzazione di NB001 ha presentato andamenti variabili dimostrandosi praticamente nulla in uno dei tre gruppi;
  • L’aggiunta di inulina ha raddoppiato il livello di espressione di NB001 nei due gruppi già rispondenti mentre nessun miglioramento è stato riscontrato nel gruppo a bassa colonizzazione;
  • L’introduzione di porfirano ha promosso significativamente e in modo omogeneo la colonizzazione in tutti i gruppi;
  • La delezione dei geni richiesti per il metabolismo del porfirano ha annullato la crescita batterica confermandone il ruolo fondamentale in questo processo;

Il ruolo della metabolizzazione del porfirano

Al fine di mettere a punto una valida strategia per by-passare il meccanismo di esclusione isogenica messa in atto dal microbiota residente potenziando la colonizzazione, i ricercatori hanno voluto testare diverse sequenze geniche per il metabolismo del porfirano.

Sono state perciò progettati tre differenti modelli di PULs (polysaccharide utilization loci) con un numero di geni rispettivamente di 10 (sequenza corta), 21 (sequenza media) e infine 34 (sequenza lunga). Per valutarne l’effettiva attività senza fattori confondenti, i tre modelli genici sono stati integrati anche nel genoma di altri due ceppi batterici, Bacteroidetes stercoris e B. thetaiotaomicron, fisiologicamente incapaci di metabolizzare il porfirano.

  • Il trasferimento della sequenza corta è risultato insufficiente nel promuovere la colonizzazione;
  • La sequenza media e lunga hanno di contro permesso la colonizzazione di entrambe le specie in vitro;
  • Il grado di colonizzazione di NB001 è dipendente dalla quota di porfirano somministrato. Una diluizione della soluzione acqua/porfirano riduce proporzionalmente l’espressione del batterio in vivo;
  • B. thetaiotaomicron modificato per esprimere i geni del porfirano si è dimostrato in grado di colonizzare le nicchie batteriche superando il meccanismo di esclusione isogenica;

Questo studio ha perciò dimostrato come la disponibilità di nutrienti esclusivi sia un fattore chiave nel veicolare la colonizzazione di batteri esogeni.

Capire il ruolo di ciò che mangiamo nel processo di proliferazione batterica ci permetterà non solo di conoscere meglio le dinamiche interne che regolano il nostro microbiota intestinale, ma anche di mettere a punto formulazioni più efficaci nella promozione e nel mantenimento della salute.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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