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Tumore alla prostata e microbiota: cosa dicono gli ultimi studi?

I batteri del microbiota possono influenzare comparsa, sviluppo e risposta alle terapie del tumore alla prostata. Ecco gli ultimi studi.
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Tumore alla prostata e microbiota: cosa dicono gli ultimi studi?

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La componente batterica presente nell’organismo maschile può influenzare la comparsa e lo sviluppo di tumore alla prostata, nonché condizionare la risposta alle terapie.

È quanto conclude una revisione sistematica degli studi focalizzati sull’indagine di una possibile correlazione tra carcinoma prostatico e microbiota.

Benché la maggior parte di questi trattino i fattori predisponenti diretti come ad esempio la presenza di un’infezione prostatica o di un’alterata composizione del microbioma urinario, sono da considerare anche le possibili cause indirette di insorgenza tra le quali la disregolazione del sistema immunitario, alterazioni metaboliche e impatto di terapie farmacologiche.

Ancora poco chiare sono inoltre le interazioni indirette tra tumore alla prostata e popolazioni batteriche colonizzanti sedi anatomiche distanti dall’organo in questione, intestino e cavità orale in particolare.

Corey M. Porter e colleghi del Johns Hopkins University School of Medicine, a Baltimora (USA), hanno quindi voluto fare il punto della situazione attraverso un lavoro di revisione, recentemente pubblicato su Prostate Cancer and Prostatic Disease, con il quale hanno esplorato sia i meccanismi diretti sia quelli indiretti che supportano non solo il ruolo del microbioma nel rischio di sviluppare cancro alla prostata ma anche nel determinarne la progressione e la risposta terapeutica.

Ecco dunque le principali evidenze emerse, suddivise rispettivamente per fattori di interazione diretta e indiretta.

 Interazioni dirette fra microbiota e tumore alla prostata

  • Infezioni prostatiche e rischio tumorale

L’infezione alla prostata causata determinati patogeni, più probabilmente presenti in combinazione, comporta l’insorgenza di infiammazione cronica, condizione comune nell’età adulta e positivamente correlata a un aumentato rischio tumorale.

  • Esiste un microbioma prostatico fisiologico?

È difficile stabilirlo ma sembrerebbe di no.  A causa della difficoltà di raggiungere l’organo per il prelievo dei tessuti, sono pochi i campioni disponibili provenienti da donatori sani. Di contro, è molto facile andare incontro a falsi positivi dovuti alla presenza di contaminanti ambientali presenti nel kit di analisi o nelle strumentazioni.

Nonostante siano osservate quanto più possibile le norme di sterilità è infatti impossibile assicurare la completa assenza di contaminazione.

Le analisi per stabilire la presenza o meno di un microbioma prostatico sono perciò effettuate prevalentemente su tessuti neoplastici senza la possibilità di controllo con campioni fisiologici.

Sulla base dei dati a disposizione comunque sembrerebbe che la presenza batterica a livello della prostata sia una prerogativa dell’organo in uno stato patologico, tesi supportata dalla composizione chimica particolarmente aggressiva del fluido prostatico che renderebbe poco ipotizzabile la crescita in loco di microorganismi.

Nel tessuto tumorale sono stati riscontrati invece diversi ceppi batterici sebbene non uniformemente distribuiti.

Yow et al., ad esempio, ha rilevato la famiglia Enterobacteriaceae e i generi Escherichia, Ralstonia, Pseudomonas, Propionibacterium acnes mentre Cavaretta et al. ha sottolineato la presenza anche di Staphylococcus. Tuttavia, il fatto che buona parte di questi batteri sia comunemente presente anche nell’ambiente del laboratorio pone l’attendibilità di questi risultati in discussione considerando inoltre anche la mancanza di tessuti sani da usare come controllo.

  • Il microbioma urinario e cancro prostatico

Recenti evidenze hanno dimostrato come il microbioma urinario sia implicato nell’infiammazione della prostata e nell’eventuale insorgenza tumorale soprattutto a causa della sua prossimità anatomica e delle potenzialità del tratto urinario di fungere come veicolo di trasporto per la contaminazione da parte di microrganismi esterni.

Il microbioma urinario ha inoltre dimostrato di avere caratteristiche compositive peculiari che lo distinguono da quello cutaneo delle zone genitali adiacenti e di essere sostanzialmente differente tra maschi e femmine.

Nel dettaglio, il microbiota urinario maschile è risultato formato prevalentemente da Corynebacterium, Staphylococcus, Streptococcus, Anaerococcous, Finegoldia, Lactobacillus, Peptoniphilus, Enterobacteriaceae, Pseudomonas, Actinobaculum, Gammaproteobacter, Actinomyces e Gardnerella. Interessante notare come in parte vada a modificarsi con l’età. I generi Anaerophaga e Azospira sono infatti risultati presenti in uomini over 70.

Tuttavia, sulla base di uno studio condotto nel laboratorio di C. M. Porter, autore di questa revisione, è emerso come né la carica né la diversità batterica a livello di microbioma urinario siano diverse tra pazienti con tumore alla prostata e non, nonostante nei primi vi sia un arricchimento di batteri pro-infiammatori già correlati a rischio tumorale quali Streptococcus anginosus, Anaerococcus lactolyticus, Anaerococcus obesiensis, Varibaculum cambriense, Propionimicrobium lymphophilum e Ureaplasma spp.

Data la connessione anatomica tra apparato urinario e prostata è plausibile supporre come questi patogeni siano in grado di traslare dalla sede genito-urinaria a quella prostatica inducendo infiammazione cronica e favorendo l’insorgenza della neoplasia.

La localizzazione spaziale del microbiota urinario è tuttavia oggi ancora carente di informazioni. Ulteriori approfondimenti saranno perciò necessari per verificare questa ipotesi.  

Interazioni indirette tra microbioma e tumore alla prostata

  • Microbiota gastrointestinale e terapie

Sempre più studi dimostrano come il microbioma gastrointestinale (GI) sia in grado di influenzare i fattori immunitari nel microambiente tumorale e la risposta a chemioterapia o immunoterapia andando a modulare in particolar modo le cellule mieloidi.

  • Infiammazione sistemica e rischio tumorale

L’alterazione della componente batterica risiedente una specifica regione anatomica non si limita a portare conseguenze in situ considerando come la circolazione sanguigna sistemica metta in comunicazione tutti i distretti del nostro corpo. Ad esempio, lo sbilanciamento a favore della produzione di citochine pro-infiammatorie dovuto a disbiosi in sede intestinale può comportare la diffusione di questi metaboliti con insorgenza di infiammazione sistemica colpendo vari organi, prostata inclusa.

È stato inoltre visto, a prova della correlazione GI-prostata, come il microbiota gastrointestinale di soggetti con tumore alla prostata sia notevolmente differente da quello di uomini sani.

Anche il microbiota orale, se alterato ad esempio in presenza di periodontiti, può rappresentare una possibile fonte di infiammazione sistemica.

  • Il microbioma e i livelli ormonali sistemici

Determinati batteri in sede gastrointestinale sono in grado di metabolizzare i precursori di estrogeni e/o androgeni oltre che catabolizzare i prodotti ormonali finali andando perciò a influenzare i loro livelli sistemici.

Considerando come gli estrogeni incrementino il rischio di cancro alla prostata, un aumento di espressione dei ceppi implicati nella loro produzione predispone l’individuo all’insorgenza del tumore.

Gli androgeni invece sono ormoni fondamentali nella crescita e normale sopravvivenza delle cellule prostatiche. In condizioni neoplastiche, si tende a ridurre il livello di questi ormoni in modo da limitare la proliferazione incontrollata delle cellule cancerose e quindi la progressione tumorale. Tuttavia, la capacità da parte di alcune specie del microbiota gastrointestinale di condizionarne i livelli attraverso una produzione più o meno accentuata può compromettere l’efficacia della terapia.

Di contro, anche lo stesso microbioma può risentire di cambiamenti ormonali com’è stato dimostrato da studi condotti su modelli murini castrati i quali hanno sviluppato disbiosi e obesità.

  • Il microbioma orale e la salute della prostata

Come anticipato, anche il microbioma orale è implicato nella salute della prostata non solo per la potenzialità di dare infiammazione sistemica ma anche per la capacità di alcuni patogeni del cavo orale di colonizzare nello specifico la prostata. Nelle secrezioni prostatiche di pazienti con prostatite cronica o iperplasia prostatica benigna e, simultaneamente, periodontite, sono stati riscontrati infatti batteri caratteristici della placca dentale. Inoltre, soggetti con disturbi periodontali e una prostatite da moderata a severa hanno dimostrato livelli di PSA maggiori rispetto a soggetti senza alterazioni della componente batterica orale.

 In conclusione, questa revisione, benché comprensiva di pochi studi a causa della loro generale carenza in letteratura, sottolinea come:

  • L’infiammazione prostatica cronica causata da molteplici batteri aumenta il rischio di sviluppare tumore;
  • La prostata in condizioni normali sembrerebbe non avere una componente batterica propria, presente invece in situazioni patologiche. Vista la difficoltà di analizzare tessuti sani e l’elevato rischio di contaminazione dei campioni, i risultati finora ottenuti sono tuttavia in attesa di ulteriori conferme;
  • Il microbioma urinario è risultato alterato in presenza di cancro prostatico con aumento di specie pro-infiammatorie;
  • Il microbiota intestinale influisce sul rischio tumorale oltre che sulla risposta terapeutica a causa delle sue capacità nel modulare in particolar modo l’infiammazione sistemica, la risposta immunitaria e i livelli ormonali;
  • Il microbiota orale ha dimostrato correlazione indiretta con lo sviluppo di tumore alla prostata in quanto ceppi colonizzanti il cavo orale sono stati riscontrati in sede prostatica. Gli studi a riguardo sono tuttavia pochi per cui il dibattito resta attualmente aperto.

Si delinea quindi un quadro complesso e ancora da approfondire basato su interconnessioni microbioma-prostata a vari livelli e in entrambe le direzioni che necessità perciò di ulteriori studi e dimostrazioni.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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