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Studio conferma il ruolo delle disbiosi intestinali nella preeclampsia

Il controllo del profilo del microbioma intestinale sembra essere uno strumento predittivo e/o di intervento nello sviluppo di preeclampsia.
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Studio conferma il ruolo delle disbiosi intestinali nella preeclampsia

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Stato dell’arte
La preeclampsia è una delle patologie metaboliche più complicate in gravidanza. La disbiosi ha più volte mostrato un ruolo in questo contesto con dinamiche ancora da chiarire.

Cosa aggiunge questo studio
Scopo dello studio è stato quello di confrontare il microbioma fecale di gestanti con preeclampsia (PE) e di gestanti sane per evidenziare eventuali relazioni causali con le caratteristiche batteriche.

Conclusioni
Il gruppo con preeclampsia ha mostrato una diversità batterica ridotta con correlata disbiosi. Patogeni opportunisti sono infatti aumentati mentre si è registrato un decremento di batteri utili. A ciò si associa uno squilibrio immunitario e infiammatorio suggerendo come l’alterazione batterica possa favorire la patologia.


Controllo del profilo del microbioma intestinale come strumento predittivo e/o di intervento nello sviluppo di preeclampsia. Vista la correlazione causale qui dimostrata tra disbiosi e lo sviluppo della patologia, un controllo più accurato e precoce della flora intestinale delle gestanti potrebbe essere un valido strumento prognostico.

Lo concludono Xia Chen e colleghi della University Nanfang Hospital di Guangzhou (Cina), in uno studio di recente pubblicato su Gut-BMJ.

Preeclampsia, il problema della diagnosi precoce

La preeclampsia (PE) è un disordine associato al 2-8% delle gravidanze e caratterizzato da ipertensione arteriosa che compromette la crescita del feto con alto rischio di rottura placentare o parto pretermine. Ad oggi non è possibile prevederla prima del terzo trimestre.

Con lo scopo di individuare un metodo di indagine precoce e considerando come la preeclampsia sia stata inclusa tra le malattie metaboliche con le quali il microbioma ha ampiamente dimostrato una connessione, i ricercatori hanno qui indagato l’eventuale ruolo causale della componente batterica intestinale nel suo sviluppo.

Nel dettaglio, è stato confrontato il microbioma intestinale di gestanti alla ventesima settimana con PE (n=67) o sane (NP; n=85). A ciò si è associato un trapianto di microbiota fecale in modelli murini con lo scopo di determinare la relazione tra alterazioni batteriche e sviluppo di PE. Ecco, dunque, i passaggi e risultati principali.

Le analisi del microbiota intestinale

Confrontando le caratteristiche batteriche delle gestanti si è vista una netta differenza tra i gruppi PE ed NP. In particolare:

  • l’alpha-diversity si è vista significativamente ridotta nel gruppo PE. Valori in linea invece tra il sottogruppo di PE con sintomatologia grave o lieve e tra quello con precoce o ritardato sviluppo del disturbo
  • dalla caratterizzazione generale sono stati registrati 379 generi appartenenti a 18 phyla con differenze di espressione e compositive a entrambi i livelli
  • Clostridium, Dialister, Veillonella e Fusobacterium hanno mostrato notevole arricchimento nel gruppo PE contrapposti a Lachnospira, Akkermansia e Faecalibacterium che sono invece risultati diminuiti
  • correlando le alterazioni batteriche con quelle metaboliche, pathway coinvolti nell’infiammazione (sintesi di lipopolisaccaridi o tossine batteriche incluse) si sono mostrati incrementati nel gruppo PE
  • Veillonella e Fusobacterium hanno registrato correlazione con i parametri clinici principali quali ipertensione, proteinuria, edema, valori sierici (albumina/creatinina/AST/ALT). Correlazione inversa con gli stessi parametri invece per Lachnospira, Akkermansia e Faecalibacterium. Nessuna correlazione è stata però trovata per ceppi espressi unicamente dal gruppo PE forse da imputare a una ridotta dimensione del campione

Disbiosi intestinale e preeclampsia

Per approfondire ulteriormente la relazione di causa-effetto tra alterazioni batteriche e preeclampsia, il microbioma fecale delle gestanti (PE e NP) è stato trapiantato in modelli murini osservando che:

  • dei 128 generi trapiantati, 71 hanno colonizzato i modelli con successo
  • a livello di genere, le alterazioni di abbondanza di Coprococcus, Fusobacterium, Megamonas, Clostridium, Phascolarctobactarium e Akkermansia hanno mostrato lo stesso trend tra donatori e riceventi supportando la buona riuscita del trapianto
  • a 6 settimane, i riceventi da PE (PE-FMT) hanno mostrato un’ipertensione significativamente maggiore rispetto alla controparte (NP-FMT) associata a una concentrazione di proteine più elevata nelle urine a 17 giorni (valore inalterato invece nell’altro gruppo)
  • diminuzione anche della crescita fetale nel gruppo PE-FMT con alterazioni strutturali della placenta
  • alterazioni per 62 giorni anche a livello immunologico e infiammatorio soprattutto in relazione a cellule Treg (ridotti) e linfociti Th17 (aumentati), entrambe classi attivamente coinvolte in PE, e a Il1β, Ccl3, Cxcl1 e Vegf, geni di mediatori infiammatori
  • un’alterata risposta immunologica è stata da tempo associata a disfunzione della barriera intestinale. Monitorando infatti i valori di albumina fecale (indicatore di permeabilità intestinale) è stato registrato un suo incremento nel gruppo PE-FMT. Incremento anche per i livelli di endotossine plasmatiche e diminuzione di ZO-1, ZO-2, claudin-4 e occludina, proteine di giunzione stretta coinvolte nel mantenimento dell’integrità di barriera. Differenze morfologiche tra i gruppi nell’epitelio di ileo e colon
  • la traslocazione batterica (di Pseudomonas ed Enterobacteriaceae in particolare) è risultata poi associata all’infiammazione della placenta. Aumento in questa condizione anche di IL6, Il1β, Ccl3 o Ccl4

Conclusioni

In conclusione, quindi, la disbiosi intestinale è caratteristica delle pazienti con preeclampsia. Non solo. Sembrerebbe esserne anche una causa o, per lo meno, un fattore predisponente.

Considerando la mancanza di strumenti prognostici precoci, la valutazione del microbioma intestinale potrebbe quindi dare un valido aiuto nell’individuare questo disturbo per tempo, evitando quindi ulteriori complicazioni oltre che, con opportune manipolazioni, intervenire per il riequilibrio batterico diminuendone il rischio.

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