Alzheimer: possibile associazione con periodontite e microbiota orale

La parodontite potrebbe essere associata a declino cognitivo suggerendo un possibile ruolo eziopatologico nel morbo di Alzheimer.
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Stato dell’arte
La malattia di Alzheimer è una forma di demenza molto diffusa e dalle molteplici cause. Il suo legame con la parodontite, sebbene ipotizzato, rimane tuttavia controverso, ma con un potenziale interessamento del microbiota orale.

Cosa aggiunge questa ricerca
La revisione ha lo scopo di riunire 26 studi focalizzati sulla relazione tra microbioma del cavo orale e Alzheimer attraverso un approccio genetico.

Conclusioni
La parodontite potrebbe essere associata a declino cognitivo suggerendo un possibile ruolo eziopatologico nel morbo di Alzheimer. Il contributo del microbioma rimane tuttavia incerto in attesa di studi più mirati e su larga scala.

L’infezione parodontale conosciuta come parodontite potrebbe essere un fattore predisponente il morbo di Alzheimer, dal momento che risulta associata a declino cognitivo. Tuttavia, seppur il microbiota orale sia alterato in presenza della patologia, il suo ruolo rimane da approfondire.

È quanto conclude la revisione condotta da Samantha Mao del Sijhih Cathay General Hospital di New Taipei (Taiwan), pubblicata sul Journal of Dental Sciences

Alzheimer e microbiota orale e intestinale

Sono oltre 55 milioni i casi di Alzheimer nel mondo, e rappresentano il 50-60% di tutti i casi di demenza. 

Tra i molteplici fattori di rischio troviamo sicuramente l’età e la predisposizione genetica, ma anche patologie concomitanti a base infiammatoria e/o immunitaria

Inoltre, di recente è stata aggiunta l’ipotesi che un’alterazione del microbioma intestinale, andando a insistere sull’asse intestino-cervello, possa svolgere un ruolo nell’eziopatogenesi della malattia. 

Metaboliti batterici come LPS o acidi grassi a catena corta (SCFAs) hanno infatti dimostrato di poter modulare il sistema nervoso centrale e periferico agendo come potenziale collegamento patogenetico tra microbiota intestinale e deposito della placca amiloide tipica dell’AD. 

Il microbiota intestinale non è l’unico a essere coinvolto. La cavità orale infatti è la seconda per distribuzione di microrganismi (dopo l’intestino per l’appunto). 

L’asse si estende quindi diventando intestino-bocca-cervello andando a  supportare l’eventuale associazione tra patologie locali e a livello cerebrale. 

La parodontite, un’infiammazione a carico delle gengive, ha mostrato una certa correlazione con la malattia di Alzheimer soprattutto quando, in fasi più avanzate, si ha un interessamento generalizzato del sistema immunitario associato a disbiosi locale. 

In questa revisione sono stati quindi selezionati studi genetici (next-generation-sequencing; n= 26) con lo scopo di esplorare la relazione tra microbioma orale e Alzheimer. Vediamo quanto emerso.

Cosa emerge dallo studio

Partendo dagli studi basati su database o questionari (n=6) si è visto come:

  • Campylobacter rectus e P. gingivalis hanno mostrato un’associazione con un elevato rischio di Alzheimer. Simile andamento per pazienti con elevati livelli di anticorpi contro Actinomyces naeslundii
  • P. gingivalis, Prevotella melaninogenica, Streptococcus oralis, e Staphylococcus intermedius hanno invece registrato una correlazione con un maggior rischio di mortalità
  • i patogeni gengivali P. intermedia, C. Rrectus, P. nigrescens, P. melaninogenica e P. gingivalis sembrerebbero interagire sinergicamente con H. pylori nel promuovere l’incidenza di Alzheimer
  • elevati anticorpi contro Eubacterium nodatum sembrerebbero invece diminuire il rischio di incorrere nell’Alzheimer

Altri studi si sono invece focalizzati sulla connessione tra Alzheimer e parametri clinici parodontali e sierici:

  • un peggior stato cognitivo ha mostrato, in generale, associazione con perdita dei denti e problematiche al letto alveolare
  • Sochocka et al. hanno mostrato come marcatori infiammatori quali IL-1β, IL-6, IL-10 e TNF-ⲁ siano più elevati in soggetti con Alzheimer che in controlli sani. Livelli normali di IL-1β e IL-6 invece per Ide et al.
  • pazienti con Alzheimer, seppur con qualche risultato contrastante, sembrerebbero avere una maggiore probabilità di esprimere anticorpi IgG contro Aggregatibacter actinomycetemcomitans, P. gingivalis e Tannerella forsythia
  • significativamente più elevati in pazienti anche i livelli di P. intermedia e Fusobacterium nucleatum ancora prima della diagnosi vera e propria

Dati microbiologici dimostrano invece come:

  • i patogeni parodontali P. gingivalis e T. denticola sono associati con Alzheimer secondo Leblhuber et al. Nessuna associazione invece per Laugisch et al.
  • i pazienti con Alzheimer hanno una maggiore diversità batterica secondo Holmer et al., nessuna differenza significativa invece per altri studi
  • Actinomyces e Rothia sono le specie più abbondanti nei controlli sani, Slackia exigua, Lachnospiraceae e Prevotella oulorum nel gruppo Alzheimer (Holmer et al.); Wu et al. dimostra invece come Firmicutes, Lactobacillales, Actinomycetales e Veillonellales siano i più espressi in soggetti con moderato deficit cognitivo (MCI), Fusobacteria, Bacteroidetes e Cardiobacteriales nei controlli; per Yang et al., Pasteurellaceae caratterizza invece il gruppo MCI, Lautropia mirabilis i controlli; Liu et al. infine dimostra una predominanza di Moraxella, Leptotrichia e Sphaerochaeta nei pazienti AD, Rothia nei controlli

Per concludere, studi post-mortem evidenziano:

  • Actinobacteria sono più presenti nel gruppo Alzheimer, Proteobacteria nei controlli
  • P. gingivalis e Treponema sono risultati presenti a livello cerebrale nei pazienti con Alzheimer, non nei controlli

Conclusioni

Riassumendo quindi, studi epidemiologici-database e post-mortem sembrano confermare un’associazione tra patogeni periodontali e Alzheimer

Risultati incongruenti però con i dati genetici probabilmente a causa di un diverso protocollo per il campionamento e di parametri per la valutazione dello stato cognitivo

Importante inoltre considerare come i controlli inclusi in questi studi potrebbero avere già un declino cognitivo non diagnosticato. 

Ulteriori studi, inclusi quelli che provvedono un trattamento periodontale, sono quindi necessari per chiarire meglio la relazione tra Alzheimer a patologie periodontali.

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