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Ansia e depressione: studio indaga gli effetti di specifici prebiotici

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Ansia e depressione: studio indaga gli effetti di specifici prebiotici

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Un team di ricercatori dell’University College Cork, in Irlanda, ha di recente pubblicato sulla rivista scientifica Biological Psychiatry uno studio condotto su 69 modelli murini che ha permesso di approfondire il ruolo che un supplemento prolungato di specifici prebiotici riveste nella gestione di stati di alterazione psichiatrica come ansia e depressione oltre che in situazioni croniche di stress.

Sono stati somministrati, per tre settimane, frutto-oligosaccaridi (FOS) e galattosaccaridi (GOS), da soli e in combinazione, e confrontati con placebo.

Su queste basi, Aurelijus Burokas e i suoi colleghi hanno studiato gli animali riuscendo a ottenere risultati in condizioni normali di stress (fase 1) e sotto stress indotto e continuato (fase 2).

Oltre ai test comportamentali (test del nuoto forzato, test di sospensione dalla coda, plus maze test, ecc.) e cognitivi, hanno inoltre confrontato tra loro i 4 gruppi in esame (FOS, GOS, FOS+GOS, placebo) analizzando i cambiamenti di composizione del microbiota intestinale, della concentrazione di acidi grassi a catena corta prodotti e dei livelli endocrini e neuroendocrini con particolare attenzione ai valori di corticosteroidi, di neurotrasmettitori nonché di triptofano, cioè il precursore della serotonina.

Nella seconda parte dello studio hanno ripetuto i test e le misurazioni dei parametri considerando anche le eventuali alterazioni del sistema immunitario in risposta allo stress indotto.

La combinazione FOS – GOS riduce ansia e depressione

In condizioni normali di stress (fase 1) gli scienziati hanno scoperto che:

  • La composizione del microbiota intestinale, in particolare a livello del cieco, è notevolmente diversa tra il gruppo di controllo e gli altri trattati con almeno un tipo di prebiotico. Nei gruppi in trattamento, ad esempio, è diminuita in modo significativo la presenza di Bifidobacteriaceae, Coriobacteriaceae e Clostridiaceae rispetto al gruppo placebo mentre, al contrario, si è registrato un notevole aumento di Rumicoccaceae soprattutto nel gruppo GOS e di Verrucomicrobiaceae e Akkermansia nel gruppo combinato FOS+GOS. Nonostante i prebiotici aumentino in generale la conta batterica, non sono state tuttavia evidenziate grandi differenze nei quattro gruppi per quanto riguarda la concentrazione di Bifidobacterium e Lactobacillus.
  • La concentrazione di acidi grassi a catena corta prodotti a livello del cieco risulta maggiore nei gruppi in trattamento in particolare per acido acetico e propionato.
  • Test comportamentali per lo stato di ansia: il gruppo FOS+GOS ha dimostrato un notevole incremento del tempo trascorso e del numero di entrate al centro del “campo aperto” nonostante non si siano notate differenze nel tempo di latenza con gli altri gruppi. Nel “plus maze” test invece c’è stata differenza nel numero di entrate ma non nel tempo medio trascorso nei bracci aperti.
  • Test comportamentali per lo stato depressivo: il gruppo FOS+GOS ha dimostrato una diminuzione del tempo di immobilità nel test di “sospensione dalla coda” e di immobilità nel test del “nuoto forzato” mentre non sono state riscontrate differenze significative nel test che prevede l’odoramento di ormoni sessuali femminili attraverso l’urina.
  • Test per il comportamento sociale: i prebiotici non hanno dimostrato di favorire in modo apprezzabile l’interazione topo/oggetto e topo/nuovo topo nel test delle “tre camere” mentre hanno dato risultati positivi nel aumentare l’atteggiamento sociale verso il nuovo topo nel test del “residente-estraneo”.
  • Test cognitivi: non sono stati riscontrati effetti né sull’indice di memoria per un nuovo oggetto del test di riconoscimento né in quelli di acquisizione, richiamo o paura.
  • Risposta endocrina e neuroendocrina ai prebiotici: la somministrazione di FOS e GOS ha ridotto significativamente i livelli plasmatici di corticosteroidi e di L-triptofano mentre sono aumentati quelli di serotonina nella corteccia prefrontale. A livello ippocampale inoltre si ha un incremento dell’espressione del gene Bndf (brain-derived neutropic factor) e dei recettori GABAB1-2 e una riduzione dell’mRNA codificante per Crhr1 (corticotropin-releasing hormone receptor 1).

Per quanto riguarda invece la seconda parte dello studio, cioè quando gli animali sono stati sottoposti a condizioni di “stress sociale” per tre settimane, i ricercatori hanno osservato che:

  • Il gruppo alimentato con FOS+GOS ha riconfermato tempi di risposta più brevi al test di “sospensione dalla coda” e del “nuoto forzato” oltre che un comportamento più espansivo e di esplorazione.
  • In risposta a stimoli di dolore acuto, il gruppo trattato con la combinazione di prebiotici ha mostrato livelli di stress inferiori oltre che quelli di corticosteroidi a 45 minuti (test del nuoto forzato) nonostante siano fisiologicamente prodotti in condizioni di stress.
  • Per quanto riguarda la composizione del microbioma intestinale, nei gruppi trattati la diminuzione stress-dipendente di Bifidobacterium è ridotta rispetto al controllo, nonostante si mantenga sempre minore rispetto a quella registrata in fase 1 con animali non stressati. Anche il rapporto Actinobacteria: Proteobacteria è rientrato nella norma.

In conclusione gli autori sostengono che il supplemento di specifici prebiotici, soprattutto se assunti in combinazione, hanno in generale risultati positivi nel ridurre ansia e atteggiamenti depressivi in modelli di topo, anche sotto stress indotto, nonché nell’aumentare i livelli di acidi grassi a catena corta nel cieco. Numerosi sono ormai gli studi che confermano un ruolo di questi metaboliti nel proteggere l’integrità dell’epitelio intestinale e nel prevenire patologie ad esso correlate.

Il cambio comportamentale è inoltre supportato anche da modificazioni quantificabili dell’espressione di particolari geni e dei livelli di mono-amine (serotonina in primis).

Nonostante l’esatto meccanismo di intervento di FOS e GOS non sia ancora del tutto chiaro, da questo studio appare lecito supporre come il microbiota intestinale, opportunamente supportato, sia in grado di influenzare il comportamento depressivo e gli stati d’ansia in vivo. Ulteriori studi sono tuttavia necessari per confermare questi risultati e trasferirli anche nell’uomo. Resta però un’interessante, e ancora tutta da scoprire, finestra terapeutica per correggere e magari prevenire una vasta gamma di disturbi neuropsichiatrici.

Silvia Radrezza

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