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Demenza senile e Alzheimer: nell’intestino i primi segnali d’allarme

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Demenza senile e Alzheimer: nell’intestino i primi segnali d’allarme

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In uno stato di pre demenza senile il microbiota intestinale e la traccia metabolomica mostrano caratteristiche peculiari e diverse rispetto a soggetti sani.

Questa alterata condizione è ulteriormente amplificata da una dieta ricca in grassi.

Analizzare perciò il microbiota intestinale di soggetti a rischio di sviluppare decadimento cognitivo, oltre che il loro profilo metabolomico, potrebbe essere una valida strategia preventiva.

È quanto scoperto dallo studio condotto da Elena Sanguinetti e colleghi dell’Istituto di fisiologia clinica, CNR, a Pisa, pubblicato da Scientific Reports.

In base a studi di letteratura, demenza senile, decadimento cognitivo, obesità e disbiosi sembrerebbero esser tra loro correlabili. Tuttavia, poco si sa di questo presunto meccanismo nel contesto delle demenze.

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Il gruppo di ricercatori italiani e spagnoli ha perciò voluto approfondire le conoscenze a riguardo identificando il profilo batterico di modelli murini predisposti geneticamente al decadimento cognitivo, detti 3xtg, in uno stato di pre demenza senile associandovi o meno un regime dietetico ad alto contenuto di grassi.

Nel dettaglio, sono stati analizzati un totale di 45 topi, inclusi i controlli, suddivisi a loro volta nei seguenti 4 sottogruppi: controllo a dieta normale (ND, n=9), controllo ad alto contenuto di grassi (HDF, n=9), 3xtg a dieta normale (3xtg, n=8) e, infine, 3txg con dieta  ad alto contenuto di grassi (HDF-3xtg, n=7).

Sono stati perciò collezionati campioni fecali ed ematici, opportunamente analizzati mediante diverse tecniche e strumentazioni, con particolare attenzione al microbiota del cieco e del colon e alla presenza di determinati metaboliti al fine di identificare un eventuale impatto sulla componente metabolomica e cerebrale. I risultati ottenuti sono stati molti, andiamo perciò a considerare i principali.

Microbiota e metaboliti: differenze significative nella demenza senile

Considerando la totalità dei campioni, sono stati identificati 77 metaboliti sierici e 99 fecali (cieco e colon). In base alla PCoA è stato poi possibile distinguere i vari cluster tra 3xtg e controlli sulla base di cambiamenti genetici indotti sul metaboloma e non correlati alla dieta.

Il regime alimentare ha tuttavia influenzato l’espressione di marcatori infiammatori, lattato e albumina a livello del siero in topi HFD rispetto a ND.  Per quando riguarda i campioni fecali invece non sono state registrate notevoli differenze dal confronto colon vs cieco ad eccezione dei livelli di ribosio, significativamente più elevati nel colon di HFD.

Andando poi a esaminare i modelli con modifica genetica, ovvero i 3xtg, si è potuto notare come presentino alterazioni più marcate nei metaboliti ematici rispetto a quelli fecali, a prescindere dalla dieta.

Sono infatti risultati più elevati i valori di GlycA, lattato, albumina, leucina, isoleucina, TMA e TMAO mentre minori quelli di acidi grassi insaturi e VLDL.

A livello fecale invece, i 3xtg hanno presentato maggiore espressione di ornitina-tirosina rispetto ai controlli, sia nel cieco sia nel colon.

I ricercatori hanno poi considerato i modelli misti cioè con mutazione e dieta alterata (HFD-3xtg).

Come ipotizzato, il confronto tra questi e i controlli a dieta normale ha evidenziato un ampio numero di differenze statisticamente significative. Analogamente ai restanti 3xtg, sono stati registrati alti valori sierici di amminoacidi e albumina oltre che di marcatori infiammatori sistemici. Concentrazioni più elevate sia rispetto ai controllo che ai modelli 3xtg-ND l’hanno invece dimostrata glucosio, lattato, glicerolo e glutammato. Di contro, forte riduzione di espressione è da ricondurre ai corpi chetonici. Infine, in linea con i risultati precedenti relativi ai campioni fecali, 3xtg-HFD hanno presentato valori maggiori di ornitina-tirosina e acetoina rispetto ai controlli ND.

I ricercatori hanno poi voluto approfondire le eventuali differenze tra il microbiota del cieco e quello del colon.

Le analisi ANOSIM (analysis of similarity) hanno mostrato notevoli differenze a livello di OTUs tra le due aree intestinali, in particolar modo nei modelli non mutati a dieta standard (ND).

Nel colon di questi ultimi i Bacteroidetes hanno mostrato una buona rappresentanza mentre carente è risultata quella di Firmicutes rispetto alle componenti batteriche del cieco degli stessi.

Sebbene a livello di phylum non siano state evidenziate diversità, a livello di famiglia i campioni del cieco hanno presentato maggior espressione di Lachnospiraceae e minor presenza di S24.7 di quelli prelevati dal colon.

Di contro, solo Enterococcaceae ha mostrato differenze considerevoli tra colon e cieco in modelli 3xtg. Considerando invece gli OTUs, 30 sono risultati diversi tra le due zone intestinali di ND, per la maggior parte appartenenti a Firmicutes e Bacteroidetes, mentre solo 8 nei topi mutati.

L’indice di Shannon ha inoltre presentato valori maggiori nel cieco di ND rispetto al colon, risultati non replicati in topi 3xtg. Per quanto riguarda invece la ricchezza batterica, l’indice di Chao1 non ha in generale riportato differenze tra le due aree.

Il ruolo della dieta

Sempre nell’ottica di confronto cieco-colon, si è testato l’impatto della dieta in questo particolare contesto.

La RDA (Redundacy analysis), confermata dalla ANOSIM, ha infatti sottolineato la differenza in termini di composizione del microbioma di colon e cieco rispettivamente di modelli HDF (dieta ad alto contenuto di grassi) e ND (dieta normale).

A livello di famiglia, scarsa abbondanza di Bifidobacteriaceae, Lactobacillaceae e S24.7 accompagnata, al contrario, da buona espressione di Rikenellaceae, Mogibacteriaceae, Lachnospiraceae e Enterococcaceae è risultata dal confronto di campioni batterici di colon di HFD con quelli di ND. Dati simili sono stati riscontrati anche a livello di cieco dove bassi valori di Bifidobacteriaceae e S24.7 sono da abbinare a più alta abbondanza di Rikenellaceae, Enterococcaceae e Staphylococcaceae.

A livello di genere, sempre nel colon di modelli HFD rispetto ai controllo, è stata osservata una scarsa rappresentanza di una forma non classificata di Peptococcaceae, Bifidobacterium e Lactobacillus spp e una elevata di tre forme non classificate rispettivamente di Rikenellaceae, Mogibacteriaceae e Enterococcaceae.

Passando poi alla classificazione OTU, sono emerse sostanziali differenze in 37 di questi a livello di colon, e altrettanti a livello di cieco, appartenenti soprattutto ai phyla Firmicutes, Bacteroidetes e Actinobacteria.

Le stesse analisi sono state infine replicate considerando modelli ND vs 3xtg, ottenendo risultati comparabili di diversità batterica.

A livello di famiglia il colon di topi 3xtg ha mostrato scarsa abbondanza di S24.7 ma elevata di Enterococcaceae e Turicibacteraceae, dati confermati nel cieco.

Considerando i generi invece bassi valori di Bifidobacterium spp e rc4.4 associati a elevati livelli di Roseburia sono emersi dal cieco di 3xtg se confrontato con ND.

48 sono infine gli OTUs che hanno mostrato differenze nel colon e 62 quelli nel cieco quando i modelli ND sono stati confrontati con 3xtg. L’indice di biodiversità non ha in generale sottolineato differenze mentre Chao1 ha mostrato valori più ridotti nei campioni di microbioma dal colon di 3xtg rispetto ai controllo.

Da ultimo, il team di ricerca ha esaminato la correlazione tra microbiota del colon e le analisi metabolomiche del siero in topi ND e 3xtg. Complessivamente Enterococcaceae, Staphylococcus, Roseburia, Coprobacillus, Dorea, Enterococcus e Christenellaceae sono le specie batteriche correlate a un alterato profilo metabolomico riscontrato nei topi mutati.

Dall’analisi invece di correlazione tra microbiota fecale in generale e parametri cerebrali, si è visto come l’ipometabolismo del cervello sia associato a un ampia presenza di Firmicutes, Anaeroplasmataceae, Erysipelotrichaceae, Coprobacillus, Clostridium, Anaeroplasma, Roseburia e a una scarsa abbondanza di Bacteroidetes, Peptococcaceae, Rikenellaceae, Dehalobacteriaceae, s24.7, rc4.4, Dehalobacterium, e tre forme non classificate rispettivamente di Coriobacteriacea, Rikenellaceae e S24.7.

In conclusione, in base a questo ampio studio possiamo affermare che:

  • le analisi per cluster evidenziano una significativa differenza di microbiota e metoboloma tra il gruppo 3xtg e i controlli non mutati;
  • predisposizione genetica a demenza senile e dieta ad alto contenuto di grassi condividono un pattern di alterazioni batteriche e metabolomiche;
  • il microbioma fecale di topi 3xtg mostra minore biodiversità e ricchezza batterica rispetto ai controlli non mutati;
  • particolari specie batteriche sono risultate correlate alla riduzione delle funzionalità cognitive.

A detta degli stessi autori, seppur i risultati siano incoraggianti, sono stati ricavati su modelli murini. Per una trasferibilità sull’uomo e quindi una conferma di quanto qui dimostrato saranno perciò necessari ulteriori progetti di ricerca.

Silvia Radrezza
Laureata in Farmacia presso l’Univ. degli Studi di Ferrara, consegue un Master di 1° livello in Ricerca Clinica all’ Univ. degli Studi di Milano. Borsista all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS dal 2017 al 2018, è ora post-doc presso Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics a Dresda (Germania).

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