Il declino cognitivo (demenza senile), una condizione caratterizzata da disturbi della memoria, dell’apprendimento e della concentrazione, colpisce in tutto il mondo fino al 19% degli over65. Uno studio condotto di recente sui topi ha dimostrato che specifici batteri intestinali possono peggiorare il deterioramento cognitivo indotto da due fattori di rischio ambientali per questa condizione.
I risultati, pubblicati su Cell Host & Microbe, suggeriscono in particolare che il microbiota potrebbe contribuire al declino cognitivo attraverso la stimolazione di processi infiammatori e deficit neuronali a livello dell’ippocampo, una regione del cervello coinvolta nell’apprendimento e nella memoria.
Demenza senile e intestino
Il declino cognitivo (demenza senile) è uno dei più diffusi disturbi legati all’invecchiamento, assieme a malattia di Alzheimer e Parkinson. Ma può essere associato anche ad altre patologie o condizioni, inclusi i disturbi immunologici, neuropsichiatrici e i problemi del sonno.
Recentemente, è stato dimostrato che il microbiota intestinale ha un ruolo da mediatore chiave dei fattori di rischio ambientali per il deterioramento cognitivo.
Uno di questi fattori di rischio è l’ipossia associata alle alte quote, alle apnee notturne, alla malattia di Alzheimer ecc.
Un altro fattore di rischio per il declino cognitivo sembra essere la dieta chetogenica, ricca di grassi e povera di carboidrati, che in medicina è usata per trattare forme di epilessia resistenti ai trattamenti.
Mediante esperimenti sui topi, i ricercatori guidati da Christine Olson ed Elaine Hsiao della University of California, a Los Angeles, hanno valutato gli effetti dell’ipossia e della dieta chetogenica sul microbiota intestinale e sul comportamento cognitivo.
Il ruolo del microbiota
In primo luogo i ricercatori hanno indotto un deterioramento cognitivo nei topi esponendoli a ipossia acuta intermittente. Quindi, hanno testato gli effetti di una dieta chetogenica sulle capacità di apprendimento e memoria degli animali, scoprendo che questo regime alimentare è in grado di peggiorare il comportamento cognitivo solo se in combinazione con l’ipossia.
Gli effetti dannosi sull’apprendimento e sulla memoria non sono stati invece osservati nei topi germ free, nei quali è stato però rilevato un peggioramento nei test cognitivi in seguito a trapianto di microbiota da topi esposti a dieta chetogenica e ipossia, che presentavano alti livelli del batterio Bilophila wadsworthia.
I ricercatori hanno inoltre osservato nei topi un peggioramento del comportamento cognitivo anche in seguito a colonizzazione solo con questo batterio.
Precedenti studi avevano dimostrato che le diete ricche di grassi aumentano i livelli di B. wadsworthia e che questo batterio può indurre la proliferazione di linfociti Th1, che secernono IFN-gamma, una molecola infiammatoria coinvolta nella risposta immunitaria alle infezioni virali e ad alcuni batteri patogeni.
Declino cognitivo e linfociti Th1
I ricercatori hanno scoperto che i topi che manifestano deficit cognitivi presentano livelli intestinali più elevati di linfotici Th1, mentre nei topi privi di queste cellule immunitarie non sono stati osservati deficit di apprendimento e memoria associati alla dieta chetogenica, all’ipossia e alla presenza di B. wadsworthia.
Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che il peggioramento nel comportamento cognitivo dei topi colonizzati da B. wadsworthia o esposti a dieta chetogenica e ipossia era associato a un’alterazione dell’espressione genica e a connessioni neuronali più deboli nell’ippocampo. Precedenti studi avevano già dimostrato che l’IFN-gamma riduce la proliferazione delle cellule neuronali e innesca la morte cellulare programmata nell’ippocampo.
Conclusioni
I risultati ottenuti in questo recente studio indicano quindi che cambiamenti specifici nel microbiota intestinale potrebbero contribuire ad alterazioni fisiologiche nel cervello e nel comportamento cognitivo.
«Questi dati suggeriscono che per comprendere come i fattori genetici, ambientali e psicosociali predispongono al deterioramento cognitivo è necessario considerare il microbiota intestinale come un’importante interfaccia tra la genetica dell’ospite e i fattori ambientali».