Specifici batteri patogeni periodontali sembrerebbero predominare nel microbioma dei tessuti colpiti da perimplantite nei pazienti che, in passato, erano stati affetti da parodontite.
Lo studio, pubblicato su Archives of Oral Biology e svolto dalle università di Thessaloniki (Grecia) e Glasgow (UK), ha messo a confronto la composizione batterica di diversi campioni di placca raccolti da dieci soggetti non fumatori ai quali erano state impiantate protesi dentali almeno due anni prima.
Cosa dice la letteratura scientifica su microbioma e perimplantite
Alcune precedenti ricerche hanno evidenziato un ruolo del microbiota orale nella colonizzazione degli impianti dentali: attraverso colture batteriche, infatti, si è visto che la tipologia di microrganismi presenti nella cavità orale prima dell’intervento determina quella che successivamente andrà a popolare l’impianto stesso.
Inoltre, è stato dimostrato che il biofilm presente in caso di perimplantite ha una composizione simile a quello della parodontite, con alti livelli di patogeni parodontali.
Questi fattori, insieme, aumentano il rischio di contrarre una perimplantite nei pazienti con una storia clinica passata di parodontite.
Ma quali sono gli specifici taxa associati alla patologia e quanto si differenziano dal microbiota presente in assenza di infezione?
Gli autori dello studio, prendendo spunto dalle precedenti pubblicazioni, hanno verificato con le più recenti tecniche di sequenziamento del 16S rRNA la composizione batterica dei tessuti affetti da perimplantite e le differenze tra quest’ultimi e i tessuti dentali sani di uno stesso individuo.
Coordinati da Marcello Riggio, i ricercatori hanno prelevato ed esaminato otto campioni di placca batterica per ciascun soggetto: quattro nelle zone mesio-buccale, medio-buccale, disto-buccale e medio-linguale di un impianto affetto da perimplantite e quattro da siti dentali in salute.
Sono stati esclusi, oltre ai fumatori, tutti quei soggetti con storie cliniche di malattie sistemiche, in gravidanza o in periodo di allattamento, con parodontite non curata o con un trattamento in corso per la perimplantite, sottoposti a pulizia profonda dentale nei precedenti dodici mesi, che avessero assunto antibiotici nei precedenti tre mesi o che avessero ricevuto un impianto e una protesi dentale nell’ultimo anno.
Così cambia il microbiota se l’impianto si infiamma
Dalla PCA sono emerse nette differenze tra il microbioma dei campioni sani e quelli provenienti dagli impianti contaminati.
Lo Shannon Diversity Index, infatti, ha rivelato che quest’ultimi avevano complessivamente una minore diversità e una maggiore abbondanza di singoli taxon rispetto ai campioni sani, circostanza attribuibile a una elevata proliferazione di patogeni.
In media, i campioni sani ospitavano 250 OTU (unità tassonomiche operative) contro le 215 dei campioni infetti. Del totale, soltanto 55 OTU erano statisticamente associate a una specifica condizione: 26 alla perimplantite e 29 allo stato di normalità. Nei due casi, quindi, la composizione batterica cambia, ma la maggior parte dei taxa resta in comune.
I batteri associati alla perimplantite
Infine, in linea con i precedenti studi, è emerso che i generi più associati alle lesioni perimplantari sono Prevotella, Porphyromonas, Bacteroidetes, Chloroflexi, Spirochaetes, Synergistetes e TM7, mentre quelli correlati con uno stato di salute dentale sono Actinomyces, Streptococcus, Actinobacteria, Firmicutes, Gemmatimonadetes, Proteobacteria e Thermi.
Sulla base di queste evidenze gli autori della ricerca concordano con le pubblicazioni che negli anni passati hanno indagato sullo stesso argomento: data la similarità del microbiota dei siti affetti da parodontite e di quelli colpiti da perimplantite, quest’ultima patologia sarebbe da attribuire alla traslocazione dei batteri parodontali nelle fessure dei tessuti perimplantari.
Tuttavia, non è ancora chiaro se le differenze che emergono tra i siti sani e le zone infette precedano il processo infiammatorio o se, al contrario, siano una conseguenza del danno o dell’infiammazione.
Soltanto ulteriori studi, affermano gli autori, possono fornire le basi per una comprensione più approfondita delle interazioni tra il microbiota e i tessuti perimplantari.