In caso di tumore ovarico o di un alto rischio di svilupparlo, giocare d’anticipo o intervenire per tempo è quanto mai fondamentale per ridurne l’elevato tasso di mortalità che lo caratterizza.
Oltre all’età, a mutazioni germinali dei geni BRCA1-2 ecc., anche la composizione del microbioma locale sembrerebbe avere un ruolo nella sua eziopatogenesi. Comunità batteriche scarse di lattobacilli, infatti, hanno dimostrato un’associazione significativa con la presenza del tumore e/o la predisposizione a svilupparlo.
Lo dimostra lo studio caso-controllo coordinato da Nuno R. Nenè dell’University College of London e pubblicato su Lancet Oncology.
I ricercatori hanno suddiviso un ampio numero di donne di età (18-87 anni) e provenienza diversa (Germania, Rep. Ceca, Italia, Gran Bretagna e Norvegia) in due gruppi:
- ”tumore ovarico” (n=360), che comprende donne con patologia diagnosticata (cancro ovarico epiteliale, n=176) e i relativi controlli sani (n=115) o con neoplasie benigne (n=69)
- “mutazione BRCA” (n=220), comprensivo di donne ad alto rischio, ovvero che non hanno sviluppato la neoplasia ma che presentano una mutazione BRCA1 (n=109), e i relativi controlli sani (n=97) o, anche in questo caso, con neoplasia benigna (n=14) ma senza mutazioni.
Ogni gruppo è stato poi ulteriormente suddiviso in base all’età (considerando i 50 anni come valore soglia) e, per ciascuno dei tamponi vaginali raccolti, è stata determinata e confrontata la composizione batterica.
A questo proposito, i ricercatori hanno riunito in una singola comunità batterica, denominata “comunità di tipo L”, i 4 “community state types” (CST I, II, III, V) identificati da Ravel e collaboratori in cui sono predominanti alcune specie di di Lactobacillus (L. crispatus, L. gasseri, L. iners e L. jensenii rispettivamente). I ricercatori si riferiscono invece a una “comunità di tipo O” quando la “comunità di tipo L” rappresenta meno della metà del microbioma. La “comunità di tipo O” risulta spesso associata a infezioni locali, è caratterizzata da una diversità maggiore ed è composta da anaerobi obbligati o facoltativi (Gardnerella ecc.).
I dati ottenuti sono stati quindi integrati con diversi fattori noti per essere coinvolti nella patologia. Di seguito i principali risultati.
Età (più o meno di 50 anni), macro-gruppo di appartenenza (“tumore ovarico” vs “mutazione BRCA”) ed eventuali fattori di rischio o confondenti sono stati considerati nell’analisi delle strutture batteriche, dimostrando che:
- in generale, nel gruppo “tumore ovarico” la comunità batterica di tipo O è presente prevalentemente nelle donne con età maggiore di 50 anni rispetto al sottogruppo più giovane (il 61% dei casi e il 59% dei controlli vs il 53% dei casi e il 29% dei controlli rispettivamente)
- donne giovani, ma con tumore, hanno una maggiore probabilità di esprimere la comunità batterica di tipo O rispetto alle coetanee sane. Situazione simile in presenza o meno di mutazione BRCA1
- la comunità di tipo L, più che dalla presenza o dalla gravità della patologia, è influenzata dall’età e dallo stato di fertilità/menopausa. Il 39% delle donne con tumore ovarico al primo e secondo stadio, e il 42% di quelle al terzo e quarto stadio, hanno infatti dimostrato l’appartenenza a questa comunità
- di contro, per le donne con età ≤ 50 anni del gruppo “mutazione BRCA”, solo la presenza o meno del tumore ha permesso di predire le caratteristiche della comunità batterica. Sono invece molteplici i fattori implicati nella predittività della condizione tumorale
- in donne giovani del gruppo “mutazione BRCA”, il tipo di comunità batterica ha dimostrato di essere l’unico fattore predittivo della presenza o meno di mutazione. Tale rischio è risultato infatti 2,84 volte superiore in donne con comunità di tipo O rispetto alla controparte della stessa età. Associazione non riscontrata sopra i 50 anni
- in donne con età ≥50 anni del gruppo “tumore ovarico”, l’utilizzo di contraccettivi orali per più di 5 anni o di ormoni combinati ha aumentato la probabilità di avere una comunità batterica di tipo L, diminuendo quindi il rischio di sviluppare tumore ovarico rispetto a un loro utilizzo per un periodo di breve
- la gravidanza e casi di tumore tra i familiari stretti sono fattori predisponenti la comunità batterica di tipo O, soprattutto in donne giovani.
In conclusione, dunque, la presenza di tumore ovarico o di noti fattori predisponenti (mutazione BRCA1, età ecc.) sembrerebbero associati a una comunità batterica locale alterata, in quanto scarsa di lattobacilli (comunità O).
Interventi mirati nel ristabilire e mantenere una condizione di eubiosi potrebbero quindi fornire un valido supporto alle terapie correntemente in uso, oltre che diminuire il rischio di sviluppare la neoplasia in soggetti a rischio. Trattandosi tuttavia di risultati preliminari, ulteriori studi sono necessari soprattutto per approfondire le relazioni causa-effetto tra disbiosi e carcinoma.