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Colite ulcerosa: nell’intestino possibili biomarker per la diagnosi precoce

L'aumento dell'attività proteolitica prima della diagnosi della colite ulcerosa può guidare l'infiammazione e la progressione della malattia.
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Colite ulcerosa: nell’intestino possibili biomarker per la diagnosi precoce

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Stato dell'arte
La colite ulcerosa (UC) è una delle due forme croniche recidivanti e invalidanti di malattia infiammatoria intestinale (IBD), per le quali attualmente non esiste una cura. La causa esatta dell’IBD è sconosciuta, ma tra le cause rientrano fattori genetici, immunitari e ambientali, incluso un alterato microbiota intestinale.
Cosa aggiunge questa ricerca
Utilizzando cinque diversi donatori umani e due diversi modelli di colonizzazione, è stato dimostrato che il microbiota pre-UC aumenta l’attività proteolitica fecale che coincide con l’attivazione di percorsi correlati alle risposte infiammatorie dell’ospite e all’infiammazione di basso grado. Questo risultato supporta l’idea che il microbiota pre-UC sia sufficiente per indurre uno stato infiammatorio di basso grado nei topi, potenzialmente attraverso la sua attività proteolitica.
Conclusioni
 L’aumento dell’attività proteolitica osservata prima della diagnosi clinica della malattia può guidare l’infiammazione e la progressione della malattia oltre ad essere un potenziale biomarcatore della progressione precoce della malattia.

In questo articolo

La colite ulcerosa (UC) è una delle due forme croniche invalidanti e recidivanti di malattia infiammatoria intestinale (IBD), per le quali attualmente non esiste una cura. La causa esatta dell’IBD è sconosciuta, ma tra le cause rientrano fattori genetici, immunitari e ambientali, incluso un alterato microbiota intestinale.

Rispetto ai soggetti sani, i pazienti con IBD possono presentare una ridotta varietà batterica e una minore rappresentanza di Firmicutes rispetto a Proteobacteria phyla. Sono stati segnalati anche cambiamenti funzionali, come la riduzione della concentrazione fecale degli acidi grassi a catena corta.

Tuttavia, la maggior parte degli studi ha esaminato pazienti con malattia attiva o trattata: studi caso-controllo trasversali, cioè dopo che l’infiammazione e il danno tissutale si erano già sviluppati, rendendo difficile discernere se i cambiamenti descritti sono attribuibili all’effetto dell’infiammazione. Poco si sa sui cambiamenti della composizione microbica o funzionale che si verificano prima dell’insorgenza della malattia.

Lo studio su individui a rischio di colite

Elena Verdu e il suo team di ricercatori ha pubblicato un interessante lavoro sulla rivista Gastroenterology in cui è stata analizzata una coorte unica d’individui asintomatici a rischio di IBD (pre-UC) che sono stati seguiti prospetticamente fino a quando hanno sviluppato UC (post-UC). I partecipanti sono stati reclutati come parte del progetto longitudinale Genetics, Environmental, Microbial (GEM), che si concentra sui parenti di primo grado di soggetti con malattia di Crohn (MC) di età compresa tra i 6 ei 35 anni ed è iniziato nel 2008. Per la selezione è stato somministrato un questionario standardizzato anonimo. Campioni fecali raccolti durante il reclutamento da una coorte di individui a rischio che non hanno sviluppato UC sono stati utilizzati come controlli sani.

Dal reclutamento, dal 2008 al dicembre 2018, 13 individui arruolati hanno sviluppato UC e sono stati quindi selezionati per questo studio. Quattro soggetti che hanno sviluppato UC non hanno fornito un campione fecale alla diagnosi. Anche una coorte di 48 controlli sani (HC) abbinati, che sono rimasti sani, ha fornito campioni fecali al momento del reclutamento e sono stati inclusi in questo studio come controlli. Gli HC abbinati sono definiti come soggetti sani (al follow-up), abbinati per età, sesso, geografia e tempo di reclutamento con i pazienti con CU. La calprotectina fecale è stata misurata in tutti i campioni senza differenze significative tra i soggetti HC e pre-UC. I soggetti a rischio che non hanno sviluppato IBD sono stati utilizzati come controlli sani (HC).

Attività proteolitica pre-malattia

Attraverso una combinazione di sequenziamento del gene 16S rRNA, metagenomica shotgun, metabolomica e colonizzazione gnotobiotica del topo, è stata identificata una maggiore attività proteolitica che precede la diagnosi clinica di UC. I dati suggeriscono inoltre che questa attività proteolitica ha una componente batterica ed è pro-infiammatoria nei topi gnotobiotici.

Dodici pazienti (n=7 CU; n= 5 MC) con IBD che frequentavano la Adult GI Diseases Clinic presso la McMaster University sono stati reclutati dopo aver confermato UC o MC attiva. Ventitré soggetti che si sono presentati per lo screening del cancro del colon-retto, in cui sono state escluse malattie gastrointestinali organiche e funzionali tra cui ulcera peptica, malattia da reflusso, IBD e celiachia, sono stati reclutati come controlli. I campioni fecali sono stati raccolti, congelati e conservati fino all’analisi.

Tutte le estrazioni del DNA delle feci sono state eseguite presso la struttura principale del progetto GEM per ridurre al minimo la variabilità dell’estrazione da sito a sito. È stato eseguito il sequenziamento della metagenomica shotgun a pompa in otto campioni UC (8 campioni pre-UC; 8 campioni post-UC) e otto campioni HC abbinati e il confronto della composizione microbica metagenomica, delle famiglie geniche e delle rappresentanze delle vie metaboliche tra i gruppi.

Per il modello di topo adulto umanizzato con microbiota UC, sono stati selezionati 5 donatori di UC che fornivano un set completo di campioni (prima e dopo la diagnosi di UC) e un controllo sano abbinato per ciascun paziente con UC. Per i topi colonizzati alla nascita, è stato selezionato un donatore di UC che ha fornito un set completo di campioni (prima e dopo la diagnosi di UC) e un HC abbinato La lipocalina è stata misurata nelle feci della prole a 4, 8 e 12 settimane di età. L’istologico su topi della struttura del colon e l’infiammazione sono state studiate da due osservatori in cieco in sezioni di tessuto del colon. Questo studio ha evidenziato che la composizione del microbiota dei soggetti post-UC differisce da HC e pre-UC. La composizione del microbiota è stata analizzata in campioni fecali di soggetti pre-UC, post-UC e HC abbinati. La beta-diversità microbica basata sul sequenziamento del gene rRNA 16S ha rivelato che il post-UC si raggruppava separatamente dai campioni HC e pre-UC. I campioni PostUC presentavano anche una ridotta alfa-diversità e una diminuzione dell’abbondanza relativa di Adlercreutzia rispetto a HC e pre-UC.

Nel post-CU sono stati osservati anche un aumento dell’abbondanza relativa di Actinobacillus e una diminuzione dell’abbondanza relativa di Bilophila rispetto a HC.

Per migliorare l’assegnazione tassonomica dei taxa sospetti e per valutare il potenziale genomico funzionale del microbiota, è stata eseguita la metagenomica shotgun in un sottogruppo di individui ed è stata confermata la riduzione di Adlercreutzia equolifaciens, oltre a osservare una diminuzione di Bifidobacterium nel post-CU rispetto a HC e identificato 29 taxa rilevati esclusivamente in campioni pre-UC, ma assenti in campioni HC e post-UC. Inoltre, è stato riscontrato un aumento di Flavonifractor plautii, Coprococcus catus e Parabacteroides merdae nel pre-CU rispetto a HC.

Insieme, questi dati suggeriscono che mentre alcune differenze microbiche possono essere rilevate nella pre-CU rispetto all’HC, la malattia conclamata è un fattore chiave nei cambiamenti del microbiota associati all’UC attiva, dato che  i cambiamenti della composizione sono più evidenti nel post-UC.

Microbiota alterato prima della comparsa dei sintomi

L’analisi funzionale dei campioni fecali utilizzando la metagenomica shotgun ha rivelato 4 percorsi che erano presenti in modo univoco nella pre-CU, ma assenti in HC e post-UC. La pre-UC aveva anche una maggiore abbondanza di biosintesi di L-arginina (I, IV), biosintesi di biotina II, carica di tRNA e suoerpathway della biosintesi di poliammina I rispetto a HC. Complessivamente, 15 percorsi erano presenti sia in pre sia  post-CU, ma non rilevati in HC, incluse vie metaboliche correlate ad aminoacidi e proteine ​​come la fermentazione della L-lisina in acetato e butanoato, la degradazione della creatinina II, chetogenesi e proteina N-glicosilazione. L’analisi metabolomica delle feci ha anche rivelato una tendenza all’aumento della trans-idrossiprolina nel pre-CU rispetto all’HC, così come una significativa riduzione del glicerolo e dei glicerofosfolipidi sia pre sia post-UC rispetto all’HC.

Ulteriori analisi dei dati metagenomici hanno identificato oltre 22.000 famiglie di geni batterici che differivano tra pre-UC e HC e tra pre-UC e post-UC. Di queste, 237 famiglie di geni unici (con una o più specie che contribuiscono) erano associate a proteasi o peptidasi. Inoltre, la funzione microbica complessiva pre-UC potrebbe essere distinta dagli HC sulla base delle loro famiglie di geni correlati alla proteasi o alla peptidasi. Questi dati rivelano un alterato profilo microbico compositivo e funzionale correlato al metabolismo delle proteine ​​e degli amminoacidi che precede la diagnosi clinica di UC.

Attività proteolitica aumentata prima della diagnosi

Le differenze pre-UC nel potenziale genomico microbico erano presenti anche a livello enzimatico. Rispetto ai campioni di HC, la pre-UC aveva una maggiore attività proteolitica ed elastasica, raggiungendo livelli simili osservati nei campioni post-UC. I risultati dello studio sono stati convalidati in una coorte separata di pazienti con CU e MC attivi, confermando una maggiore attività proteolitica fecale rispetto ai soggetti di controllo. L’attività dell’elastasi è inversamente correlata ai taxa batterici trovati essere inferiori nell’UC attiva, come Adlercreutzia e altri batteri benefici, come Akkermansia.

L’attività dell’elastasi in HC e pre-UC era anche positivamente correlata con l’abbondanza relativa di Bacteroides vulgatus, un taxon con nota elevata attività proteolitica. Inoltre, è stato riscontrato un aumento delle proteasi da B. vulgatus nella pre-CU rispetto all’HC. La metagenomica ha anche identificato un aumento di famiglie di geni della proteasi in pre-UC da taxa, come P. merdae e C. catus, che avevano una maggiore abbondanza in pre-UC rispetto a HC. Per supportare ulteriormente questi dati, sono stati isolati batteri proteolitici da campioni fecali dei pazienti. I batteri con attività proteolitica erano presenti in tutti i pazienti, indipendentemente dalla diagnosi o dallo stato di malattia, ma i ceppi batterici identificati erano dipendenti dal donatore. Le specie di Bacteroides che mostravano attività proteolitica includevano Bacteroides vulgatus, che era correlato all’attività dell’elastasi fecale.

Fenotipo proteolitico e tono immunitario infiammatorio

È stato ipotizzato che i cambiamenti nell’attività proteolitica microbica intestinale in pre-UC rappresentino un meccanismo mediante il quale le proteasi di derivazione microbica contribuiscono all’insorgenza spontanea dell’infiammazione. Il fenotipo proteolitico delle feci pre e post UC è stato trasferito a topi GF colonizzati con microbiota pre e post UC. In accordo con studi precedenti, il microbiota post-UC ha portato a un tono immunitario infiammatorio, con un aumento delle cellule PMN del colon nei topi colonizzati.

Poiché i topi GF adulti hanno differenze funzionali e immunitarie rispetto ai topi colonizzati dalla nascita, abbiamo sviluppato un modello di colonizzazione gnotobiotica in base al quale i topi gravidi privi di germi sono stati colonizzati con le feci di un donatore pre e post-UC e un HC abbinato selezionato dall’esperimento precedente.

In questo modo le  cucciolate sono state colonizzate naturalmente dalla nascita e sono state seguite longitudinalmente per 12 settimane. L’analisi funzionale delle feci ha rivelato che a 8 e 12 settimane di età, i topi nati da madri colonizzate da microbiota pre e post-UC avevano un’attività proteolitica complessiva più elevata rispetto ai topi nati da madri colonizzate da HC, indicando che il fenotipo proteolitico del pre- e i campioni di donatori di UC possono anche essere trasferiti a topi colonizzati alla nascita.

Sebbene nessun animale abbia sviluppato colite spontanea, quelli nati da madri colonizzate da UC hanno mostrato una maggiore conta delle cellule PMN nella mucosa del colon di topi colonizzati pre e post-UC rispetto ai topi colonizzati da HC, simile a quanto osservato nei topi colonizzati adulti. Anche i topi nati da madri colonizzate pre-UC avevano livelli più alti del marker infiammatorio intestinale lipocalina fecale a 4 e 12 settimane di età rispetto ai topi colonizzati da HC, raggiungendo livelli simili a quelli osservati nei topi colonizzati post-UC.

L’analisi ingenuity pathways dei geni alterati ha indicato che sono state alterate cinque reti biologiche nel tessuto del colon di topi nati da madri colonizzate pre-UC vs HC tra le quali le principali coinvolgevano malattie immunologiche, risposta antimicrobica e infiammatoria.

Tra i pathways canonici, i geni sovraespressi nella prole colonizzata pre-UC erano correlati alla segnalazione NFKB, al ruolo dei recettori di riconoscimento del pattern di batteri e virus, alla segnalazione MAPK p38 e alla segnalazione della risposta di fase acuta.

I topi nati da madri colonizzate con microbiota pre e post-UC avevano una maggiore abbondanza di Bacteroidetes e una minore abbondanza di Actinobacteria. A livello di genere, è stato rilevato un aumento di Bacteroides nei topi nati da madri colonizzate con pre-UC rispetto a HC, e una diminuzione in Adlercreutzia e Akkermansia è stato osservata in topi colonizzati pre e post-UC rispetto a HC. Analogamente ai risultati nelle coorti umane, l’attività proteolitica nei topi colonizzati con HC e pre-UC era inversamente correlata con l’abbondanza relativa di Adlercreutzia e Akkermansia e direttamente correlata con Bacteroides.

Utilizzando cinque diversi donatori umani e due diversi modelli di colonizzazione, è stato dimostrato che il microbiota pre-UC aumenta l’attività proteolitica fecale che coincide con l’attivazione di reti e percorsi correlati alle risposte infiammatorie dell’ospite e all’infiammazione di basso grado.

Questo risultato supporta l’idea che il microbiota pre-colite ulcerosa sia sufficiente per indurre uno stato infiammatorio di basso grado nei topi, potenzialmente attraverso la sua attività proteolitica. Quindi in un sottogruppo di pazienti con CU, esiste una maggiore attività proteolitica fecale prima della diagnosi clinica. In accordo con i precedenti studi trasversali, in questa coorte prospettica si mostra che la composizione del microbiota intestinale è alterata nei pazienti con CU attiva, con minore diversità e abbondanza di taxa batterici benefici, come Adlercreutzia e Bifidobacterium, e una maggiore abbondanza di patogeni, come Actinobacillus. Lo squilibrio proteolitico nell’IBD attiva è già stato precedentemente descritto, ma non è noto se sia presente prima dell’inizio clinico e quale sia il contributo del microbioma. L’esclusiva coorte studiata, in combinazione con modelli gnotobiotici umanizzati dal microbiota, consente di studiare i cambiamenti funzionali di origine microbica che esistono prima della diagnosi clinica di CU, che alla fine possono essere bersagli per interventi precoci.

I batteri intestinali producono una vasta gamma di proteasi con il potenziale di influenzare le vie immunitarie e funzionali dell’ospite, portando a risposte pro-infiammatorie quando disfunzionali. Ad esempio, i patogeni enterici opportunistici utilizzano le proteasi come fattori di virulenza. L’analisi metagenomica di questo studio suggerisce un profilo funzionale microbico, che precede la diagnosi clinica di CU, con un metabolismo proteico potenziato, così come il metabolismo degli amminoacidi precedentemente collegato a IBD. I soggetti pre-UC e HC avevano alterata espressione di famiglie di geni batterici correlati alle proteasi. Inoltre, il profilo funzionale microbico pre-UC potrebbe essere distinto da HC, sulla base di famiglie di geni correlati alla proteasi, supportando ulteriormente un contributo del microbiota a questo segno distintivo proteolitico. L’attività dell’elastasi fecale era positivamente correlata con Bacteroides vulgatus ed è stata confermata un’elevata attività proteolitica ed elastolitica in isolati batterici di questo gruppo in vitro. Tra le famiglie di geni identificate attraverso la metagenomica shotgun e correlate a proteasi e peptidasi che differivano tra soggetti HC e pre-UC, vi erano diversi geni correlati alle peptidasi di B. vulgatus, che includono la subunità proteolitica della proteasi Clp dipendente dall’ATP e la famiglia simile alla peptidasi S24 proteina. Inoltre, B. vulgatus è aumentato nei pazienti con IBD attiva ed è stato precedentemente dimostrato che aggrava la colite. Altre famiglie di geni di proteasi e peptidasi che erano aumentate nei soggetti pre-UC provenivano da taxa proteolitici con una maggiore abbondanza in pre-UC rispetto ai soggetti HC, come i parabacteroides.

L’attività proteolitica era inoltre correlata negativamente con l’abbondanza di Adlercreutzia e Akkermansia, taxa con proprietà antimicrobiche e antinfiammatorie segnalate e si è dimostrata impoverita nei pazienti con IBD attiva. L’Adlercreutzia è un genere che metabolizza gli isoflavoni, composti fenolici ben noti per i loro effetti antimicrobici e antinfiammatori, e la sua riduzione di UC può favorire uno stato infiammatorio. Attraverso un modello di colonizzazione adulta e neonatale, è stato trasferito ai topi il fenotipo proteolitico pre-malattia, utilizzando diversi campioni di UC. Analogamente a quanto osservato in campioni umani, l’attività proteolitica nei topi colonizzati da HC e pre-UC era positivamente correlata con Bacteroides e negativamente correlata con Adlercreutzia e Akkermansia, supportando ulteriormente un contributo microbico all’aumentata attività proteolitica. L’induzione di un tono immunitario potenziato è stata precedentemente descritta in modelli murini colonizzati con microbiota da IBD attiva. I topi colonizzati con microbiota pre-UC sviluppano anche segni infiammatori nel colon, indipendenti dall’età.

Conclusioni

Questo studio suggerisce che, oltre a essere un potenziale biomarcatore della progressione precoce della malattia, l’aumento dell’attività proteolitica osservata prima della diagnosi clinica della malattia può guidare l’infiammazione e la progressione della malattia.

La ricerca è limitata dal numero esiguo di pazienti, data l’incidenza naturale di CU. Inoltre, diversi campioni post-UC non sono stati forniti dai partecipanti, rendendo impossibile l’analisi dei dati accoppiati. Aumentare il numero di dati accoppiati pre e post-UC consentirebbe un’analisi migliore per rilevare ulteriori differenze microbiche prima e dopo l’insorgenza della malattia.

Sono necessari studi sugli stati pre-malattia per rivelare il meccanismo e l’eziologia della malattia.

Il percorso identificato potrebbe portare a nuovi test non invasivi per monitorare le popolazioni a rischio, nonché trattamenti specifici diretti a popolazioni di pazienti con elevata attività proteolitica utilizzando specifiche antiproteasi umane o batteriche.

Sara Lardo
Medico specialista in Malattie Infettive con esperienza in HIV, epatiti virali HBV e HCV ed infezioni correlate all’ospedalizzazione.

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