Gli effetti del fumo di cannabis sulla salute umana sono stati ampiamente studiati, includendo anche ricerche sul microbiota intestinale. Al contrario, si sa ancora molto poco della sua azione sui microrganismi del cavo orale, il quale ospita una grande comunità di diversi batteri che interagiscono tra loro e con l’ospite.
Un gruppo di ricerca statunitense della Medical University del South Carolina ha rilevato un aumento di Actinomyces, Veillonella, Megasphaera e Streptococcus e una diminuzione del genere Neisseria nella saliva dei fumatori di cannabis rispetto ai non fumatori. I risultati dello studio sono stati pubblicati su EBioMedicine.
Lo studio sul microbioma orale
Nel presente studio, l’analisi del microbioma è stata condotta su campioni di saliva di individui che facevano uso di cannabis in modo cronico (n = 16) e di controlli non fumatori (n = 27). Il microbioma della saliva è stato analizzato utilizzando il sequenziamento dell’rRNA 16S.
Per studiare la funzione del microbioma orale associato all’uso di cannabis, i ricercatori hanno inoculato Actinomyces meyeri, Actinomyces odontolyticus o Neisseria elongata nei topi per via orale, due volte a settimana per sei mesi, al fine di imitare le condizioni umane.
In particolare, due batteri della specie Actinomyces (A. meyeri e A. odontolyticus) e un batterio di controllo della specie Neisseria (N. elongata) sono stati introdotti nei topi tramite inoculazione orale. Sorprendentemente, soltanto la somministrazione di A. meyeri, e non degli altri due batteri, ha causato una riduzione dei livelli di attività del topo, l’infiltrazione dei macrofagi e un aumento della produzione di proteine Aβ 42 nel cervello.
Actinomyces e Alzheimer
Recenti studi hanno trovato correlazioni tra Actinomyces e il morbo di Alzheimer. Ad esempio, è stato riportato che il cervello di pazienti con malattia di Alzheimer contiene un numero di batteri ampiamente più alto rispetto ai controlli, con Actinomicetales, Prevotella, Treponema e Veillonella esclusivamente presenti nel cervello dei pazienti.
Inoltre, il trattamento con A. meyeri ha determinato un aumento della migrazione e della fagocitosi delle cellule mieloidi in vitro e un’elevata infiltrazione di macrofagi nel cervello di topo in vivo, rispetto a quelli trattati con N. elongata.
Le citochine che differivano tra i soggetti fumatori e non e tra i topi trattati con A. meyeri e i controlli sono correlate alle funzioni dei monociti/macrofagi. La famiglia delle citochine del TNF ha portato ad una compromissione della barriera ematoencefalica, attraverso la quale i monociti sono migrati nel cervello in risposta a MCP-1.
Sebbene non sia chiaro se l’infiltrazione dei macrofagi determini anomalie del SNC, essa è stata correlata alla patogenesi di diverse malattie. Pertanto, l’arricchimento orale di A. meyeri sembra possa contribuire alle anomalie del SNC.
Infine, bisogna sottolineare che la diversa concentrazione di A. meyeri nella saliva di soggetti che consumavano grandi quantità di cannabis rispetto a soggetti che ne consumavano meno, con o senza storia di malattie neurologiche, e con cannabis contenente THC rispetto a cannabis priva di THC non è risultata significativa. Ciò potrebbe essere dovuto al ridotto numero di soggetti partecipanti.
Conclusioni
Nonostante i limiti di questo studio, i risultati riportati sottolineano l’importanza della salute orale e del suo potenziale ruolo nella funzione cerebrale e potrebbero aiutare a sviluppare nuovi trattamenti mirati al microbiota o alle sue molecole attive al fine di prevenire o curare alcune anomalie neurologiche.