Il microbiota cutaneo svolge un ruolo importante nel mantenimento della barriera epidermica. Lo rivela uno studio coordinato da Aayushi Uberoi, della University of Pennsylvania, pubblicato sulla rivista Cell Host & Microbes. Le possibili ricadute cliniche di questa scoperta sono molteplici.
Funzioni della pelle e microbiota
La pelle è la struttura primaria che divide il corpo umano dall’ambiente e consente di proteggerlo dalla disidratazione e dalle sostanze estranee potenzialmente dannose, rilevando e integrando anche i segnali ambientali. Le sue proprietà dipendono dall’epidermide, un epitelio stratificato semipermeabile che si forma attraverso la differenziazione terminale dei cheratinociti.
Sebbene costantemente esposta a sostanze xenobiotiche, traumi fisici e microrganismi patogeni, l’epidermide è caratterizzata da comunità microbiche importanti e necessarie nel mantenimento di una corretta salute della pelle. Tali comunità costituiscono il microbiota cutaneo. Quest’ultimo ha un ruolo fondamentale nella formazione e nella funzione immunitaria della barriera cutanea attraverso il rilascio di peptidi antimicrobici, acidi grassi a catena corta e poliammine.
La disfunzione della permeabilità epidermica è un segno distintivo delle malattie infiammatorie della pelle, tra cui la dermatite atopica e la psoriasi, e predispone la pelle alle infezioni. Essa costituisce un terreno fertile per la crescita di specifici microrganismi, i quali sono diversi, complessi e distinti da quelli di altri organi.
Sebbene studi su topi gnotobiotici suggeriscano che il microbiota commensale regoli i geni della barriera epiteliale e la differenziazione epidermica, i suoi ruoli meccanicistici non sono ancora ben definiti.
Pertanto, esiste la necessità scientifica e clinica di definire la base meccanicistica con cui il microbiota commensale regola la funzione omeostatica di barriera, dato che tali meccanismi forniscono nuovi obiettivi per la prevenzione e la cura delle patologie cutanee.
Per rispondere a queste domande, il gruppo di ricercatori statunitensi ha studiato la relazione tra il microbiota cutaneo e la barriera epidermica.
Cheratinociti e batteri
L’attenzione è stata focalizzata su due componenti della pelle: i cheratinociti, cioè sentinelle che percepiscono e rispondono agli stimoli esterni, e il loro recettore AHR (aryl hydrocarbon receptor). È emerso come quest’ultimo sia un attore fondamentale nell’omeostasi della pelle e nello sviluppo, nella funzione e nell’integrità della permeabilità della barriera epidermica (EPB).
Lo studio ha permesso di scoprire che i microbi commensali sono necessari per la normale differenziazione epidermica, la funzione EPB e la riparazione. Questi effetti sono mediati dalla segnalazione microbica attraverso il recettore AHR dei cheratinociti.
Infatti, la pelle murina priva di AHR ha mostrato una maggiore permeabilità della barriera e di conseguenza una maggiore suscettibilità all’infezione da S. aureus e un aggravamento della dermatite atopica.
Utilizzando poi dei microrganismi normalmente presenti sulla pelle umana per colonizzare lo strato cutaneo di topi germ-free, è stato rilevato un netto miglioramento della loro funzione EPB anche in modelli caratterizzati da una disfunzione della barriera.
Il microbiota della pelle promuove la riparazione della barriera
Per analizzare l’espressione genica epiteliale mediata dai microrganismi, sono stati studiati campioni di epidermide isolati dalla pelle del dorso di topi, divisi in tre gruppi: topi privi di agenti patogeni specifici (SPF) cresciuti convenzionalmente in presenza di microbiota, topi privi di germi (GF) nati e cresciuti in condizioni sterili e un terzo gruppo di topi nati germ-free e poi colonizzati (COL) con il microbiota SPF per due settimane.
Dopo le due settimane, i topi COL sono risultati essere stati colonizzati da un microbiota simile a quello dei topi SPF, come mostrato dal sequenziamento del gene dell’RNA ribosomiale 16S (16S rRNA), a dimostrazione del fatto che il microbiota regola l’espressione dei geni della barriera epiteliale e lo sviluppo e la differenziazione epiteliali sono compromessi nei topi GF.
Inoltre, è stato possibile confermare che il microbiota promuove la funzione e la riparazione della barriera cutanea: i cheratinociti derivati da topi GF mostravano una ridotta espressione dei geni rispetto a quelli dei topi SPF.
In presenza di alto contenuto di calcio, i cheratinociti epidermici primari possono differenziarsi in vitro per esprimere geni coinvolti nella formazione dell’involucro corneificato.
Pertanto, dopo esser stati esposti ad un’alta concentrazione di calcio, l’espressione dei geni coinvolti nel differenziamento terminale (citocheratina-10) e involucrina e nella formazione delle giunzioni transmembrana (Corneodesmosina, Desmocollina-1, Desmogleina-1a) è risultata ridotta nei cheratinociti GF rispetto a quelli dei cheratinociti SPF.
Inoltre, i cheratinociti GF hanno mostrato una diminuzione della resistenza elettrica transepiteliale (TEER), che è indicativa di una ridotta forza della giunzione transmembrana.
Si ipotizza che i recettori xenobiotici che agiscono come sensori epiteliali e trasmettono segnali microbici siano tra quei percorsi genetici disregolati nell’epidermide GF.
Partendo dal presupposto che AHR può attivare molteplici pathway di segnale, i ricercatori hanno valutato gli effetti della colonizzazione microbica sull’espressione di geni ed hanno rilevato una upregulation di vari geni nei topi SPF, inclusi quelli coinvolti nella proliferazione, differenziazione e infiammazione cellulari.
Quindi, AHR rappresenta un potenziale meccanismo attraverso il quale i microbi cutanei modulano l’integrità della barriera epiteliale.
Conclusioni
Per concludere, i risultati di tale ricerca rivelano un ruolo fondamentale per il microbiota cutaneo commensale nella regolazione dell’integrità fisica e della riparazione della barriera cutanea, forniscono approfondimenti meccanicistici sul crosstalk microbiota-pelle e, infine, suggeriscono nuove sfide terapeutiche per migliorare la funzione della barriera cutanea.