Il microbioma vaginale, la comunità di microorganismi che risiede in questo ambiente, ha un’importanza fondamentale nell’assicurare il benessere della donna.
Una sua alterazione è spesso associata a un maggiore rischio di infezioni e/o infiammazioni, che talvolta possono anche comportare una compromissione della qualità di vita.
Un microbioma vaginale in equilibrio è un tassello fondamentale anche nella salute riproduttiva, poiché un ambiente vaginale sano è importante per tutte le fasi della gravidanza, dall’impianto dell’embrione fino al parto [1,2].
L’ecosistema microbico presente nell’ambiente vaginale risente fortemente dei livelli di estrogeni circolanti e di conseguenza, con l’inizio della menopausa, anche il microbiota vaginale va incontro a modificazioni fisiologiche. Tra queste annoveriamo la riduzione dei lattobacilli e il concomitante innalzamento del pH, fattori che rendono più fragile l’equilibrio del lume vaginale.
Come per altri ecosistemi, anche il microbioma vaginale è facilmente influenzabile da fattori esterni e interni. Stato ormonale e del sistema immunitario, età, attività sessuale, terapia antibiotica, infezioni in corso e terapia contraccettiva possono infatti cambiarne caratteristiche di composizione ed espressione, favorendo o meno il suo disequilibrio (disbiosi) e la possibile insorgenza di vaginosi o infiammazione non batterica [3].
I cinque Community State Type del microbiota vaginale
Nella stragrande maggioranza dei casi il microbiota vaginale è dominato da lattobacilli. In base poi alla specie di Lactobacillus presente con abbondanza relativa predominante rispetto alle altre, il microbioma vaginale può essere classificato in cinque categorie, definite “Community State Type” (CST) [4,5]:
- il CST I è dominato da L. crispatus, noto per la sua attività protettiva nei confronti di agenti infettivi;
- il CST II è caratterizzato dalla dominanza di L. gasseri, un altro protettore verso gli agenti infettivi;
- il CST III si distingue per la predominanza di L. iners, meno associato a condizioni di salute. È di fatto un CST dominato da un lattobacillo, ma con un potenziale protettivo ridotto rispetto agli altri;
- il CST IV caratterizzato da una ridotta abbondanza relativa di batteri appartenenti al genere Lactobacilllus e dalla presenza di una comunità mista caratterizzata da taxa come Streptococcus, Prevotella, Gardnerella che espone la donna ad un maggior rischio di andare incontro ad una disbiosi. È opportuno sottolineare che questo CST rappresenta la configurazione che maggiormente espone a problematiche nelle donne di etnia caucasica.
- CST V: dominato da Lactobacillus jensenii, generalmente associato a condizioni di salute ma facilmente rimpiazzabile da altri microrganismi, pertanto, si ritiene meno protettivo del CST I
L’ecosistema vaginale è quindi tanto importante per la salute della donna quanto da meritare un accurato monitoraggio. È pertanto essenziale conoscerlo, al fine di sapere in che modo intervenire e come prevenire possibili alterazioni e, di conseguenza, diversi disturbi.
Come funziona il test
Per caratterizzare il microbiota vaginale sono disponibili test che vanno ad analizzare tutti i batteri noti, appartenenti al genere Lactobacillus e non, oltre che funghi con lo scopo di avere una visione d’insieme dell’ecosistema.
Come funziona? È abbastanza facile. La procedura di prelievo è semplice, non invasiva e non dolorosa. Dopo la raccolta del campione, effettuato mediante un tampone vaginale, si procede con l’analisi di laboratorio dove viene estratto e mappato il DNA di batteri e funghi.
Analisi specifiche permettono poi di avere un quadro della situazione, grazie al confronto del campione in esame con dati ottenuti da un database di riferimento. L’interpretazione finale viene poi affidata a indici che considerano le proprietà delle specie identificate in termini di capacità metabolica e funzionale.
Si può quindi conoscere il CST, potenziali disturbi ai quali la paziente è più esposta, patogeni batterici e fungini, nonché le alterazioni del metabolismo batterico (acido butirrico, D-lattato ecc.).
Oltre alla composizione e abbondanza batterica è infatti importante controllare come questi ceppi funzionano. Un ecosistema vaginale in buona salute è caratterizzato da un’elevata produzione di acido lattico da parte dei batteri lattici (lattobacilli) e, di contro, ostacolare quella di patogeni e lo sviluppo di processi infiammatori.
Di contro, avere un aumento di altri metaboliti come acidi grassi a corta catena o ammine biogene può essere indice di una vaginosi o vaginite in corso ed essere la causa di altri sintomi quali cattivo odore [6,7].
Il test può fornire anche indicazioni sul livello di interazione tra regno batterico e micotico. Seppur meno presenti dei batteri, infatti, i funghi sono altrettanto coinvolti nella salute vaginale della donna. Tra i generi più comunemente rilevati troviamo Candida, Saccharomyces, Pichia, Cladosporium e Rhodotorula. Una buona “comunicazione” tra questi regni è altrettanto fondamentale per combattere ulteriori infiammazioni o patologie quali la vulvocandidiasi [8].
Quando prescrivere il test?
Teoricamente, in un’ottica di prevenzione, qualsiasi fase della vita di una donna in età fertile è indicata per conoscere meglio l’ecosistema vaginale in modo da poter, in caso sia necessario, intervenire con accorgimenti dietetici e/o integratori per favorirne una migliore condizione [9].
Particolarmente consigliato è per le pazienti soggette a infezioni o infiammazioni vaginali, per una modulazione mirata dell’alterazione batterica che ne sta alla base.
Altrettanto d’aiuto per le donne che stanno prospettando una gravidanza o per chi ne ha una già in corso. Un ambiente vaginale in equilibrio è infatti essenziale non solo per la madre, ma anche per il nascituro in fase embrionale e durante la nascita considerando come il canale uterino durante il parto rappresenti la prima esposizione batterica significativa [10].
Contenuto realizzato in collaborazione con Wellmicro
References
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