Cerca
Close this search box.

Microbioma intestinale e autismo: ulteriore conferma arriva da studio USA

Un nuovo studio pubblicato su Cell supporta l'idea che il microbiota intestinale abbia un ruolo nei sintomi dell'autismo. Ecco i risultati.
CONDIVIDI →

Microbioma intestinale e autismo: ulteriore conferma arriva da studio USA

CONDIVIDI →

In questo articolo

Stato dell’arte
I rischi genetici giocano un ruolo importante nello sviluppo dell’autismo, ma gli scienziati sospettano che anche i batteri intestinali possano contribuire.

Cosa aggiunge questo studio
I ricercatori hanno trapiantato batteri fecali da 16 bambini, 11 dei quali con autismo, nell’intestino di topi privi di germi. Gli animali che hanno ricevuto i trapianti dai bambini con autismo hanno iniziato a mostrare comportamenti simili all’autismo, a differenza di quelli che hanno ricevuto trapianti da bambini con uno sviluppo normale. I due gruppi di topi hanno anche mostrato differenze nell’espressione genica e nei metaboliti presenti nell’intestino.

Conclusioni
I risultati suggeriscono che i batteri intestinali contribuiscono ai sintomi dell’autismo attraverso la produzione di metaboliti neuroattivi.


I batteri dell’intestino potrebbero contribuire ai sintomi di tipo autistico, secondo uno studio condotto su topi. I risultati, pubblicati su Cell, non dimostrano che il microbiota dell’intestino causa l’autismo, ma forniscono ulteriore supporto all’idea che i microbi trovati nell’intestino delle persone con autismo potrebbero avere un ruolo nello sviluppo dei loro sintomi.

L’autismo è una condizione evolutiva che colpisce circa uno su 60 bambini ed è caratterizzata da comportamenti ripetitivi e deficit nelle interazioni sociali e verbali. I rischi genetici giocano un ruolo importante nello sviluppo della condizione, ma gli scienziati sospettano che anche i batteri intestinali potrebbero dare un contributo.

Così Gil Sharon e I suoi colleghi del California Institute of Technology di Pasadena, negli Stati Uniti, si sono proposti di testare questa ipotesi trapiantando i batteri intestinali da bambini con autismo in topi privi di germi, allevati ​​in assenza di microrganismi.

Sintomi dell’autismo

I ricercatori hanno ottenuto il microbiota intestinale da campioni fecali prelevati da 16 bambini, 11 dei quali con autismo. Dopo aver trasferito i microbi nell’intestino dei topi privi di germi, il team ha fatto accoppiare i topi colonizzati con lo stesso microbiota intestinale. Si sono così assicurati che la loro prole sarebbe stata esposta a quegli specifici microbi all’inizio dello sviluppo. I ricercatori hanno poi esaminato il comportamento della prole per individuare i sintomi simili all’autismo.

Rispetto ai topi che avevano ricevuto microbi intestinali da bambini con uno sviluppo tipico, quelli che hanno ricevuto batteri da bambini con autismo hanno trascorso meno tempo a interagire con altri topi, vocalizzavano meno e hanno mostrato comportamenti ripetitivi.

Questi animali avevano anche livelli inferiori di specie batteriche appartenenti alle famiglie Bacteroides e Parabacteroides e avevano aumentati livelli di Akkermansia, Sutterella e Lachnospiraceae.

Geni e metaboliti

Quando i ricercatori hanno esaminato il cervello dei due gruppi di topi, hanno trovato differenze nell’espressione di oltre 500 geni, tra cui 52 che sono stati associati all’autismo.

I due gruppi di topi hanno anche mostrato differenze nei livelli di 27 metaboliti che sono sottoprodotti del metabolismo microbico. In particolare, i topi che hanno ricevuto microbi intestinali da bambini con autismo avevano livelli più bassi di acido 5-aminovalerico e taurina, due metaboliti che sono noti per bloccare l’attività delle cellule cerebrali.

Quando il team ha somministrato acido 5-aminovalerico e taurina a un ceppo di topi che esibisce naturalmente sintomi di tipo autistico, gli animali hanno mostrato maggiore interazione sociale e un comportamento meno ripetitivo.

I risultati suggeriscono che i batteri intestinali contribuiscono ai sintomi dell’autismo attraverso la produzione di metaboliti neuroattivi, ma sono necessari ulteriori studi per confermare se i risultati si riferiscono anche alle persone.

Traduzione dall’inglese a cura della redazione

Giorgia Guglielmi
Giorgia Guglielmi è una science writer freelance residente a Basilea, in Svizzera. Ha conseguito il dottorato in Biologia all’European Molecular Biology Laboratory e il Master in Science Writing al MIT.

Potrebbe interessarti

Oppure effettua il login