Molti decessi associati a COVID-19 si verificano a causa di infezioni batteriche secondarie. Una nuova ricerca mostra che il microbiota dei pazienti con COVID-19 è caratterizzato da una diversità ridotta rispetto a quello delle persone senza la malattia.
I risultati, pubblicati su iScience, suggeriscono che l’insorgenza di COVID-19 determini un’alterazione dell’immunità locale a livello polmonare, indebolendo le difese immunitarie dell’organismo e facilitando lo sviluppo di infezioni secondarie.
Microbioma polmonare e tempesta citochinica
In alcuni soggetti, l’infiammazione dovuta a COVID-19 può innescare una “tempesta di citochine”, che può indebolire il sistema immunitario, aumentando il rischio di contrarre infezioni secondarie che contribuiscono in maniera sostanziale alla mortalità per COVID-19.
I fattori che determinano le infezioni secondarie sono però ancora poco conosciuti.
Per cercare di fare chiarezza su questi fenomeni un team di ricercatori guidati da Kurt Zatloukal e Gregor Gorkiewicz della Medical University of Graz, in Austria, hanno deciso di analizzare le autopsie di pazienti con COVID-19 per determinare le principali patologie sviluppate e identificare le infezioni secondarie.
Biodiversità polmonare ridotta
Il team ha esaminato campioni autoptici di 20 persone con COVID-19 e 14 individui senza la malattia.
Come da previsioni, i polmoni sono risultati gli organi più spesso danneggiati nelle persone con COVID-19. I due principali fattori che hanno portato al decesso sono stati il danno alveolare diffuso e la presenza di infezioni secondarie.
Il microbiota polmonare delle persone con COVID-19 è risultato caratterizzato da una diversità ridotta rispetto a quelli dei controlli. Specie fungine e virali diverse da SARS-CoV-2 sono risultate frequenti anche nelle persone con COVID-19.
Infezioni secondarie da COVID-19
Circa il 40% dei soggetti con COVID-19 ha sviluppato infezioni secondarie, in alcuni casi causate da più microbi, comprese specie batteriche come Staphylococcus aureus e Klebsiella pneumonia, nonché specie fungine come Candida e Rhizopus.
Alcuni di questi microbi sono stati osservati anche in caso di infezioni secondarie nelle persone con influenza, sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e sindrome respiratoria mediorientale (MERS). In cinque casi, i pazienti con COVID-19 hanno avuto infezioni da virus Epstein Barr (EBV).
Nel fluido polmonare di questi pazienti i ricercatori hanno rilevato alti livelli di macrofagi e di cellule mieloidi.
«Lo studio ha mostrato che nei pazienti con COVID-19 la compromissione dell’immunità polmonare potrebbe favorire lo sviluppo di queste infezioni. La presenza di infezioni polimicrobiche e da EBV potrebbero essere infatti indicative di una generale riduzione dell’immunità» affermano i ricercatori.
Conclusioni
Secondo gli autori della ricerca, in un prossimo futuro saranno necessari studi volti ad analizzare l’andamento nel tempo dell’immunosoppressione causata da COVID-19, con l’obiettivo di sviluppare strategie terapeutiche mirate a contrastare in modo efficace le infezioni secondarie.