Batteri e virus, molto spesso, dialogano. È il caso di Streptococcus pneumoniae (pneumococco) e del virus dell’influenza. È noto infatti come la loro co-espressione favorisca la colonizzazione del batterio in oggetto, uno dei principali responsabili di infezioni respiratorie quali la polmonite, seppur fisiologicamente presente in individui sani.
Anche la composizione del microbioma locale sembrerebbe influenzare la proliferazione del patobionte. In seguito a esposizione esogena, infatti, i soggetti con modesta espressione pneumococcica di partenza (“carrier a bassa densità pneumococcica”) mostrano una maggiore resistenza e attivazione immunitaria rispetto a quelli privi (“non carrier”) o ad alta espressione (“carrier ad alta densità pneumococcica”).
È quanto dimostra lo studio coordinato da Wouter de Steenhuijsen Piters della University Medical Center di Utrecht (Olanda), di recente pubblicazione su Nature Communications.
Le infezioni respiratorie quali la polmonite sono uno dei maggiori problemi di salute pubblica mondiale. Nonostante l’importanza della co-presenza e dell’interazione di virus influenzali con S. pneumoniae siano ormai chiari, gli effetti sul resto della comunità batterica rimangono da approfondire, come del resto il ruolo della composizione del microbioma di partenza nell’influenzare la proliferazione del patobionte.
È quanto hanno cercato di indagare i ricercatori olandesi inoculando il pneumococco-6B in 117 volontari adulti sani riceventi o meno la vaccinazione anti-influenzale tre giorni prima. In tutti i soggetti è stata inoltre verificata la carica pneumococcica di partenza (quattro giorni prima dell’inoculazione) e a 2, 7 e 9 giorni; in seguito, sono stati suddivisi rispettivamente in:
- “non-carrier” (n=41);
- “carrier a bassa densità” (n=27);
- “carrier ad alta densità” (n=49).
Solo i positivi hanno proseguito lo studio con raccolta di tamponi nasali a 14 e 21 giorni. Di seguito i principali risultati ottenuti dall’analisi di 451 campioni.
Composizione iniziale del microbiota nasofaringeo
Analizzando la composizione batterica al baseline è emerso che:
- 343 sono gli OTUs che la compongono, rappresentativi di 13 phyla
- la co-infezione virale è fisiologicamente presente nel 9,6% dei campioni
- è significativamente associata alla conseguente carica pneumococcica, soprattutto se i soggetti carrier vengono distinti in carrier ad alta o bassa densità patogena. Tale associazione è inoltre dipendente dalla normale presenza di virus, non dalla vaccinazione
- i futuri “carrier a bassa densità pneumococcica” hanno registrato la minor presenza naturale di virus respiratori, sia prima sia dopo la vaccinazione.
Considerando invece l’analisi Bray-Curtis per la dinamicità batterica, sono stati evidenziati 18 diversi profili di microbiota (cluster) identificati con la specie più abbondante; 8 di questi hanno registrato la maggiore diffusione. Nel dettaglio:
- Staphylococcus spp. (n=132 [31,6%]), Dolosigranulum spp. (n=104 [24,9%]) e Corynebacterium (n=102 [24,4%]) sono risultati i più espressi e identificativi di oltre 10 campioni ciascuno, per un totale di 418 su 451 campioni
- Haemophilus spp. (n=20 [4.8%]), Peptoniphilus, Anaerococcus, Finegoldia spp. e Streptococcus salivarius (n=17 [4,1%]), Moraxella spp. (n=17 [4,1%]), Fusobacterium (n=14 [3,3%]) e Streptococcus spp (n=12 [2,9%]) hanno invece dimostrato minore diffusione
- la distribuzione dei cluster al baseline ha mostrato differenze significative tra i “non carrier” e quelli “a bassa densità”, soprattutto a carico di Dolosigranulum e Corynebacterium spp., più espresse nei secondi. Alterazione non significativa anche in relazione a Staphylococcus spp., carente rispetto ai “non carrier” e ai “carrier ad alta densità”.
I ricercatori hanno poi identificato gli OTUs presenti al baseline correlati al profilo di carrier dopo la vaccinazione:
- Corynebacterium e Dolosigranulum hanno mostrato associazione positiva con i “carrier a bassa densità”
- OTUs delle famiglie Prevotellaceae, Campylobacteraceae e Neisseriaceae sono di contro risultati positivamente associati a “carrier ad alta densità pneumococcica”. La loro scarsa abbondanza soprattutto nei “carrier a bassa densità” è stata inoltre correlata alla diminuzione di diversità batterica.
Da ultimo, è stata valutata la carica di citochine mucosali in relazione alla composizione iniziale del microbiota dai campioni prelevati i giorni 0, 2, 7 e 9:
- Streptococcus, Veillonella, Prevotella, Porphyromonas spp., Dolosigranulum e Corynebacterium sono risultati positivamente correlati ai livelli di citochine registrati
- i livelli di citochine al baseline si sono dimostrati significativamente inferiori nei futuri “carrier a bassa densità” e riceventi la vaccinazione anti-influenzale (non nel gruppo di controllo) rispetto a quelli “ad alta densità” (valori intermedi) e ai “non carrier” (valori maggiori).
Cambiamenti del microbiota dopo la vaccinazione
Lo studio è dunque proseguito con l’analisi della composizione batterica e del relativo profilo immunitario in seguito all’esposizione pneumococcica esogena e la conseguente vaccinazione. Dai dati ottenuti è risultato che:
- la composizione complessiva del microbiota ha presentato marcate differenze tra i tre profili (non carrier, carrier ad alta e bassa densità) ai giorni 2 e 7, per poi ritornare somigliante il giorno 29
- l’impatto vaccinale maggiore è stato registrato il giorno 2, per poi diminuire con il tempo
- il gruppo “non carrier” ha mostrato un aumento di diversità batterica maggiore rispetto a quelli “ad alta densità” nei giorni 2 e 7, suggerendo alterazioni dell’ecosistema batterico indipendenti dall’acquisizione del patogeno in questione
- il gruppo “carrier a bassa densità” ha registrato il profilo di variazione batterica inferiore (11,1%) rispetto a quelli “ad alta densità” (28,2%) e ai “non carrier” (31,4%)
- in seguito a vaccinazione, il gruppo “carrier a bassa densità” ha dimostrato i livelli di citochine inferiori. Di contro, i “non carrier” hanno registrato i più alti valori di IL-1beta e IFN-alpha, sia prima sia dopo la vaccinazione.
Questo studio pone dunque l’attenzione sull’importanza dell’interazione e della co-espressione batterica e virale nello sviluppo di infezioni. Ulteriori ricerche saranno tuttavia necessarie al fine di approfondire queste associazioni, per testare anche l’efficacia di interventi correttivi e/o di prevenzione di determinate patologie di base infettiva, per esempio con probiotici.