Questa storia inizia dieci anni fa, quando all’interno del microbiota intestinale di un uomo giapponese, furono identificati per la prima volta i geni che consentono ai batteri di origine oceanica di degradare le alghe.
Oggi, una nuova ricerca rivela che nel microbiota umano i geni di origine oceanica sono più comuni di quanto si pensasse finora.
Lo studio, pubblicato su Cell Host & Microbe, mette in evidenza in particolare l’associazione tra dieta e adattamento dei microbi intestinali umani.
Microbiota e metabolismo dei polisaccaridi
Precedenti studi hanno dimostrato che il microbiota intestinale umano è in grado di metabolizzare i polisaccaridi presenti in frutta, verdura e cereali, mentre non è noto come vengano digeriti quelli presenti nelle alghe commestibili, che molte popolazioni consumano nel sushi e come additivo alimentare e che presentano una struttura chimica diversa.
È stato anche già dimostrato che i batteri intestinali appartenenti al genere Bacteroidetes presentano geni per la degradazione dei polisaccaridi derivati dalle alghe. Geni strettamente correlati sono stati trovati nei Bacteroidetes che vivono negli oceani.
Per scoprire in che modo i geni che consentono la digestione delle alghe siano arrivati nei batteri intestinali, i ricercatori guidati da Jan Hendrik Hehemann del Max Planck Institute for Marine Biology ed Eric Martens della University of Michigan hanno analizzato campioni di feci di dozzine di persone.
Per digerire le alghe servono i geni giusti
Il team ha analizzato le colture di numerosi batteri intestinali umani in grado di digerire vari polisaccaridi derivati dalle alghe, tra cui laminarina, alginato e porfirano.
I ricercatori hanno così scoperto che i geni per la digestione della laminarina sono comuni nei campioni di feci e sono presenti nei batteri appartenenti a 22 specie diverse.
Ciò è probabilmente dovuto alla capacità dei batteri di elaborare i beta-glucani, un tipo di zucchero che si trova nell’avena e nei cereali integrali.
Altri polisaccaridi presenti nelle alghe vengono invece utilizzati soltanto da poche specie batteriche.
I geni per la digestione dell’alginato sono risultati i secondi più diffusi nei campioni di feci e solo un isolato di Bacteroides plebeius, il batterio originariamente trovato in un adulto giapponese, era in grado di crescere sul porfirano.
«I geni per elaborare l’agarosio e il porfirano, due delle alghe più comunemente consumate nel Sud-est asiatico, tendono a essere più abbondanti nelle persone che vivono in questi Paesi», afferma Eric Martens.
Trasferimento genico orizzontale
I ricercatori hanno individuato negli esseri umani altri geni derivati da batteri marini e coinvolti nella digestione dei polisaccaridi delle alghe.
I geni sono stati acquisiti dal microbiota intestinale umano mediante il cosiddetto trasferimento genico orizzontale, dall’inglese Horizontal gene transfer (HGT), un processo attraverso il quale il materiale genetico viene trasferito tra organismi che convivono in uno stesso ambiente, appunto in modo orizzontale.
Il team ha anche scoperto che i Firmicutes, che sono tra i batteri più abbondanti nell’intestino umano, sembrano in grado di digerire i polisaccaridi delle alghe.
«È noto che i Firmicutes vivono nell’intestino dei pesci e gli antenati più vicini dei geni che sembrano essere stati trasferiti nell’intestino umano sono quelli trovati nei pesci», afferma Eric Martens.
Conclusioni
I risultati ottenuti spiegano dunque come il microbiota sia diventato in grado, grazie al trasferimento di materiale genetico da parte di batteri che normalmente vivono negli oceani, di metabolizzare e digerire le alghe marine che ritroviamo spesso nella cucina giapponese.
«Rimane però da capire se i geni provengano direttamente da un batterio oceanico che viene consumato dall’uomo oppure se vengano acquisiti attraverso un percorso più complesso all’interno dell’intestino umano», concludono i ricercatori.